giovedì 4 giugno 2015

La Stampa 4.6.15
Nel giornale assediato da Erdogan
“Ha perso la testa, non cederemo”
A 4 giorni dal voto per il Parlamento in Turchia nuovo giro di vite contro la stampa Chiesto l’ergastolo per il direttore di “Cumhuriyet” dopo lo scoop sulle armi all’Isis
di Marta Ottaviani


Le minacce di Recep Tayyip Erdogan? Una risata le seppellirà. A tre giorni dal voto gli attacchi ai giornalisti da parte del Presidente della Repubblica diventano sempre più violenti, ma c’è una redazione che non ha intenzione di indietreggiare di un solo passo e affronta la situazione con coraggio e ironia, anche adesso che il suo direttore rischia l’ergastolo. «Cumhuriyet» ha pubblicato venerdì uno scoop su camion dei servizi segreti turchi carichi di armi per ribelli siriani. Con foto e video a documentarlo. La reazione del Presidente è stata furiosa. Ha accusato il direttore di spionaggio. Ha chiesto apertamente «l’ergastolo».
«Cumhuriyet» in Turchia è qualcosa più di un quotidiano, rappresenta un’istituzione. È il giornale dei laici, quello dove scrivono gli intellettuali più quotati, quello con la grafica più elegante. Un punto di riferimento per l’intellighenzia di quella Turchia kemalista e un po’ retrò, indebolita dall’ascesa di Erdogan, ma che oggi sembra determinata a riprendersi il suo ruolo nella vita civile. Cominciando a non chinare la testa.
Le e-mail di solidarietà
A Cumhuriyet si respira orgoglio e grinta a ogni piano, a partire dall’ingresso, dove, passate le rigide misure di sicurezza, ci si ritrova davanti alla prima copia del giornale, datata maggio 1924 e stampata ancora in ottomano. Il giornale ruota tutto attorno al suo direttore, Can Dundar, da sempre una delle firme più autorevoli del Paese e incorso nelle ire di Erdogan per avere pubblicato le prove di quello che si sospetta da tempo, ossia che i servizi segreti turchi passano armi e informazioni a gruppi jihadisti siriani anti Assad. A scandire i ritmi della giornata, c’è Ayçin, la segretaria di redazione. Un mastino, a cui obbediscono tutti e che mostra con orgoglio i fax e le mail di solidarietà che stanno arrivando da tutto il mondo. Gradino dopo gradino, accompagnati dallo scricchiolio del legno e le foto dei vecchi direttori, si arriva al cuore del giornale.
«Intanto il Galatasaray ha vinto lo scudetto, adesso per domenica aspettiamo un’altra bella notizia - esordisce con una battuta Murat Sabuncu, il più stretto collaboratore di Dundar -. Qui noi siamo tranquilli, nessuna paura. Credo che Erdogan abbia fatto un grosso errore ad attaccarci in questo modo. Lo sa benissimo che a Cumhuriyet siamo abituati alle sue minacce. La parola d’ordine è ottimismo e continuare a lavorare come stiamo facendo. Ce lo ha chiesto il direttore in persona e il giornale sta reagendo molto bene». Dietro di lui è un continuo squillare di telefoni, gente che entra ed esce dagli uffici e che si chiama da una scrivania all’altra. Alla televisione, Erdogan sta parlando a Bingol davanti a una folla oceanica di donne velate. Non manca qualche battutaccia sul Capo dello Stato fra giornalisti, che viene zittita con un altrettanto sarcastico «Zitto, altrimenti arriva l’ergastolo anche a te». Perché sul fatto che la decisione della magistratura abbia imprimatur politico, a Cumhuriyet, non nutre dubbi nessuno.
Attacco alle libertà
«Ci aspettavamo una mossa di questo genere - spiega Dogan Satmis, capo dell’ufficio centrale -. È una prova di forza da parte sua, ma gli andrà male. Il fatto che in pochi giorni le nostre copie siano aumentate significa che la gente ha capito e lo dimostrerà domenica». «Se glielo faranno dimostrare - gli fa eco Ceyda Karan, caporedattore degli esteri e di certo quella più preoccupata per la situazione -. La mia paura non è che un pazzo arrivi qui davanti con una pistola o con una bomba, ma la demonizzazione sistematica dei giornalisti. Anche da parte dei colleghi vicini a Erdogan. Tutti bravi a difendere a spada tratta Snowden e poi attaccano noi. In questi anni abbiamo toccato il punto più basso nella mancanza di libertà di stampa in Turchia».
Proibito avere paura
E poi, c’è lui, il direttore Dundar. Camicia bianca, sorriso e cellullare su cui continuano ad arrivare in modo compulsivo telefonate, messaggi e notifiche dai social network. E lui, con una calma quasi disarmante, trova il tempo per seguire tutti. Telefona agli inviati, si complimenta per il loro lavoro, dà istruzioni per i prossimi giorni. «Per colpa di Erdogan e degli avvocati non riesco più a parlare con i miei giornalisti - scherza -. Se c’è una cosa che ci sta insegnando questa vicenda è che siamo circondati da una grandissima solidarietà. Aver lavorato bene in questi anni ha pagato. Credo che il Presidente sia vittima di un delirio di onnipotenza e che abbia perso il suo fiuto politico, altrimenti non avrebbe mai commesso un errore del genere». E, alla domanda sulla paura, chiosa così: «Un giornalista in Turchia oggi non può permettersi di avere paura. Al contrario, questo, è il momento per tirare fuori tutto il nostro coraggio».