martedì 2 giugno 2015

La Stampa 2.6.15
Gogna per fumatori nella Cina salutista
di Ilaria Maria Sala


Vietato fumare in Cina: il Paese con il maggior numero di fumatori al mondo – più di 300 milioni di consumatori abituali di sigarette – dice stop, con una legge drastica ed una campagna anti-tabacco di quelle come solo i cinesi sanno fare, partendo da Pechino. La città è tappezzata da grandi poster con l’universale simbolo «no smoking» – una sigaretta in un cerchio rosso barrato – i giornali e la televisione sbandierano con entusiasmo il nuovo grido anti-sigarette, e donne e bambini sono stati ingaggiati dato che, secondo gli ideatori della campagna, il trucco per far smettere di fumare gli uomini sarebbe coinvolgere le donne, che in Cina fumano poco.
La legge, entrata in vigore ieri, proibisce che si fumi nei ristoranti (dove il personale ha il dovere di verificare che il divieto sia obbedito, pena la rimozione della licenza), negli uffici e nei trasporti pubblici, o vicino a scuole o ospedali. Ed è stata approntata una hotline per i delatori che vogliano denunciare amici, parenti o sconosciuti che fumano dove non è consentito.
Le sanzioni
Per chi sgarra, è prevista una multa da 25 a 1500 euro. Alla terza volta, però, non c’è multa che tenga, e si viene messi alla gogna pubblica: il nome del vizioso fumatore sarà affisso per un mese su un sito web governativo creato apposta a questo scopo. L’onere di controllare che la nuova legge sia rispettata però è distribuito fra un gruppo così vasto di persone da far temere che la sua efficacia possa essere limitata: diversi ispettori saranno sguinzagliati per la città, ma per il resto la responsabilità è dei gestori dei locali – e se dovessero essere inadempienti per tre volte di fila, finiranno anche loro alla gogna.
Ma l’aumentare delle malattie respiratorie sta raggiungendo livelli allarmanti – anche per l’inquinamento atmosferico allarmante delle metropoli cinesi – e la campagna anti-fumo, lanciata a Pechino, dovrebbe essere estesa presto al resto della Cina. Già da ora, in tutto il Paese non si può fare pubblicità, diretta o indiretta, alle marche di sigarette, e non sarà più permesso vendere sigarette nelle vicinanze di scuole ed asili. L’unico luogo in cui i ristoranti sono invece obbligati a vendere sigarette (e alcol) è la vasta regione del Xinjiang, teatro di tensioni etniche e politiche crescenti: qui, i vizi sono visti come possibile arma anti estremismo religioso, e vengono dunque incoraggiati.