La Stampa 26.6.15
“La salvezza del Campidoglio oggi non è affatto scontata”
I vertici Pd fanno pressing per far dimettere Marino. Il prefetto valuterà presto se chiedere lo scioglimento.
di Guido Ruotolo
Scampoli di conversazione tra parlamentari del Pd. Mattinata a Montecitorio. I parlamentari sono di quelli che pesano. Il dialogo funziona in questo modo: «Se solo Marino avesse accettato la proposta ragionevole di Largo del Nazareno, non ci troveremmo in queste condizioni». «Oggi non è scontata la salvezza di Roma, che può essere sciolta per mafia». Dunque, la prima notizia è che il Comune è a rischio. A differenza delle dichiarazioni rassicuranti di questi giorni. Roma commissariata?
Non è l’unico incubo che mette a disagio la dirigenza democrat. Tra un anno si vota a Napoli. E a Milano. E se a queste si aggiungesse anche Roma? E, soprattutto, se a vincere fossero i 5 Stelle? Il dialogo prosegue: «Se solo Marino decidesse di ascoltare i consigli e non si facesse trascinare da quel suo egocentrismo mortale non ci troveremmo in questo pasticcio». Ma quali consigli? Per capire si deve fare un passo indietro. 16 giugno, Matteo Renzi apre le danze con una dichiarazione apparentemente a freddo: «A Roma chi è in grado di governare governi, se no vada a casa. Chi è onesto deve essere anche capace».
Una dichiarazione non casuale, invece. La settimana prima la Cassazione aveva spiegato i motivi per cui aveva respinto i ricorsi degli imputati di Mafia capitale: «A Roma c’è una associazione mafiosa». Che si è radicata ai tempi di Alemanno sindaco ma che poi ha continuato ad operare. Un disastro.
Che spiega il dialogo di ieri. «Perché mai dovremmo immaginare che Roma non si tocca? Solo perché è la capitale? Ma la legge sullo scioglimento dei consigli comunali non contempla l’impunità per la capitale».
E spiega anche la dichiarazione tranchant del presidente del Consiglio. Roma rischia il commissariamento. A meno che Marino non si faccia da parte. Si torni al voto e si ricominci da zero.
Solo che Marino, legittimamente, si è imbullonato alla sedia: «Sono stato eletto. Non me ne vado neanche a cannonate da qui. Nessuno mi può cacciare». Forse. O forse no. Fatto sta che, come dicevano sempre ieri i parlamentari del Pd, «Renzi voleva indicare il percorso a Marino. Un percorso lineare. Che avrebbe salvato tutti. E invece Marino ha deciso di resistere, rispolverando un linguaggio di una stagione superata, con quel “fascisti tornate nelle fogne”». Frase per la quale Marino si è scusato.
In ogni caso che succede adesso? Entro metà luglio, il prefetto Gabrielli dovrà consegnare la relazione degli ispettori - 900 pagine - al ministro dell’Interno, esprimendo le sue valutazioni sulla necessità o meno di sciogliere il Campidoglio per infiltrazioni mafiose. Se dovesse scegliere di non procedere contro il Comune, se si trovasse d’accordo anche il ministro Alfano, la pratica non finirebbe a Palazzo Chigi. Ma gli atti ispettivi andrebbero all’Antimafia di Rosy Bindi. Cioè in pochi secondi sarebbero pubblici. E Marino finirebbe comunque arrostito.