La Stampa 23.6.15
I due forni di Silvio con i due Mattei
di Marcello Sorgi
Non c’è fretta. Silvio Berlusconi tratta con Salvini (e oggi dovrebbe esserci un incontro pubblico, a favore di telecamere, tra i due), ma al momento la strada del riavvicinamento è ancora lunga. Tal che l’ex-premier e il leader della nuova Lega “nazionale” uscito vincitore dalle elezioni amministrative ragionano sulla scadenza naturale della legislatura, nel 2018, per mettere all’attivo adesso tutto ciò che li avvicina, a cominciare dai sondaggi che danno di nuovo fortemente competitivo il centrodestra, e rinviare a dopo ciò che li divide.
Il primo ostacolo è la necessità di arrivare a una lista unica, dato che l’Italicum questo prevede per il ballottaggio. E ammesso che sia possibile trovare l’accordo, c’è da decidere chi la guiderebbe. Berlusconi si è innamorato della soluzione Brugnaro, dal nome dell’imprenditore che ha vinto a Venezia con l’appoggio del centrodestra. Salvini sta costruendo la sua leadership tutta in funzione anti-Renzi, e difficilmente accetterebbe di fare un passo indietro a favore di un terzo.
Ma dietro queste difficoltà, non insormontabili - ed anzi più facilmente superabili nel caso in cui si dovesse tornare ad elezioni anticipate, data l’urgenza che lo scioglimento porta con sè -, ognuno tiene da parte una strategia di riserva. Quella di Berlusconi è il secondo forno, aperto e temporaneamente chiuso, con Renzi. L’ex-Cav. ha rilasciato un’intervista al Giornale per dire che il patto del Nazareno è finito per sempre, e chi provasse a riavventurarsi in quella direzione (leggi: Verdini) si collocherebbe automaticamente fuori del partito. È il suo modo di rassicurare Salvini, la base di una trattativa all’inizio. Ma a parte questa garanzia ovvia, che ha portato il leader leghista a fare un discorso appena appena più moderato a Pontida, una specie di segnale di ricevuto per il suo nuovo-vecchio alleato, Berlusconi non ha preso alcun impegno per il caso, non improbabile, di un’emergenza che dovesse mettere in ulteriore difficoltà il governo. In un certo senso, anche il suo “no” alle riforme è più che altro un argine allo sfarinamento parlamentare del gruppo di Forza Italia, un modo di dire a Renzi che se ha nuove proposte da fare, e modifiche da proporre per le riforme, pur di approvarle, è all’ex-alleato Silvio, e non ad altri, che deve rivolgersi.
Quanto a Salvini, la sua è la posizione più comoda: se son rose, con l’ex-Cav., fioriranno. Altrimenti correrà da solo insieme alla Meloni: arrivare al ballottaggio con l’altro Matteo, per lui, sarebbe già un gran risultato.