La Stampa 21.6.15
Monica Cirinnà, la senatrice della legge contestata: non ci fermeranno
“Sono omofobi latenti. Nella Capitale ho visto un’Italia medioevale”
intervista di Ilario Lombardo
Le sono fischiate un po’ le orecchie senatrice? «Più che altro ho sentito tanti voodoo». Monica Cirinnà è il nome che riecheggia in ogni angolo di piazza San Giovanni. Sui cartelli è scritto a caratteri cubitali il «no» al disegno di legge che porta il suo cognome, quello che introdurrà in Italia le unioni civili e la stepchild adoption, l’adozione del figlio del proprio partner.
Senatrice, ha visto la piazza piena?
«Quanti erano?»
Circa 500 mila.
«Bene, quanto il Gay Pride allora. Lo scriva pure: questa piazza mi dà una forza ulteriore, e mi convince che tutti noi, il Pd, i senatori, il premier Renzi, siamo nel giusto».
Non vogliono il suo ddl.
«Io ero a Milano, al padiglione Usa dell’Expo, a un evento Lgbt...Poi sono andata a Genova con le famiglie arcobaleno, a presentare un libro di un papà con tre figli e un compagno. L’Italia che cammina a testa alta era lì, a Milano e a Genova, quella Medioevale a Roma».
Mezzo milione di persone che scendono in strada per difendere la famiglia: sono tutti medioevali?
«Basta parlare al singolare. Esistono le famiglie, e sono tutte uguali, perché si basano sull’amore. Peccato però che i bambini delle famiglie arcobaleno non abbiano gli stessi diritti. E anche quando la mia legge sarà approvata, l’adozione speciale del figlio del partner non permetterà a quel bambino di avere rapporti di parentela con il suo genitore non biologico. Non sarà nipote di quei nonni, degli zii…».
Eppure una delle preoccupazioni della piazza è che tramite il suo ddl si apra all’adozione tout court e all’utero in affitto.
«Diciamo la verità: nel mio testo di legge non c’è nulla che la legge 40 vieti, perché inseminazione artificiale e surrogazione di maternità restano vietate. E rimarrà vietata anche l’adozione, tranne questa forma speciale che è già riconosciuta dai tribunali italiani».
Perché tanta resistenza allora?
«Quella piazza lì, oltre a un’omofobia latente, dietro il mio nome nasconde una grandissima voglia di discriminare, per poter continuare a vivere dei privilegi di cui godono i genitori eterosessuali sposati. Lo sono anche io, so cosa significa avere congedi parentali, assegni famigliari, pensioni di reversibilità. La discriminazione è anche un problema di carattere economico».
Crede che l’Italia sia un Paese omofobo?
«L’omofobia è legata a un grandissimo deficit culturale: non riuscire a vedere la diversità come un valore aggiunto. Non è semplice omofobia. E’ la difficoltà di accettare l’altro, ed è quello che provoca il mobbing, il sessismo contro le donne. Pensi alla cultura gender».
Altro tema contro cui si sono scagliati.
«Se lo sono inventati loro. Quando abbiamo deciso di introdurre l’educazione alle pari opportunità e alla diversità di genere si è scatenato questo casino. E’ difficile pensare che tutti hanno uguale dignità. E’ più facile irridere. Pensi al bullismo dei ragazzini, sa come dicono a Roma se uno appare un po’ diverso: “Ma che, sei fr...?”»