sabato 20 giugno 2015

La Stampa 20.6.15
Danimarca in bilico
Il partito anti stranieri decisivo per il governo
Il centrodestra verso l’alleanza con il partito xenofobo
Dopo gli exploit in Svezia e Finlandia tutto il Nord a destra
di Monica Perosino


Mentre l’Ungheria alza un muro anti migranti alto 4 metri, l’Europa del Nord alza barriere invisibili, ma ben più robuste e pericolose di una rete di ferro piazzata sul confine. La Danimarca, il Paese più felice del mondo secondo l’Onu, ha deciso di cambiare rotta e mandare al governo il «Blocco blu» di centrodestra, voltando le spalle alla premier socialdemocratica Helle Thorning-Schmid - che ieri si è dimessa - dopo una campagna elettorale puntata quasi esclusivamente sull’immigrazione.
Alle urne il 52,3% dei danesi ha scelto per controlli alle frontiere più severi, blocco dei permessi di soggiorno e delle domande di asilo, una stretta sugli aiuti ai rifugiati. E così il leader dei liberali di Venstre, Lars Lokke Rasmussen, tornerà a essere di nuovo primo ministro con la vittoria di oltre 90 seggi su un totale di 179 , dopo la bruciante sconfitta elettorale del 2011.
Ma ancora una volta nel Nord Europa è il sorprendente risultato di un partito xenofobo e populista, il Partito del popolo danese - nato negli Anni 90 come movimento contro i musulmani - a decidere i colori e la direzione del nuovo Parlamento. Nessuno si aspettava un esito così clamoroso: 21,1% dei voti che hanno portato il Ppd a diventare il secondo più grande partito dopo i socialdemocratici (26,3%) e il più «pesante» nella necessaria coalizione di governo, dal momento che i liberali di Rasmussen si sono fermati al 19,5%.
La svolta del Nord
La crescita del Partito del popolo danese è solo l’ultimo dei recenti successi elettorali di formazioni caratterizzate da un profondo anti-europeismo e da campagne elettorali e programmi politici centrati sull’ultranazionalismo e sulla «difesa dei confini» dai flussi migratori. Come i Democratici Svedesi e i Veri Finlandesi, anche il Ppd ha fatto leva sulla paura «dell’invasione» e sull’«inevitabile crisi del welfare» nordico.
In Svezia, gli Sverigedemokraterna hanno costretto a un governo di minoranza il premier socialdemocratico Löfven alle elezioni dello scorso settembre (con il 13% delle preferenze, che secondo gli ultimi sondaggi, sarebbero balzate al 19%), reclamando «La Svezia agli svedesi». In Finlandia, I Veri Finlandesi (17,7%) scatenano sentimenti xenofobi tra gli elettori contando sulla paura che l’aumento di rifugiati possa incrinare il sistema del welfare. Ma non è la sola Scandinavia a subire i colpi dei partiti di destra: Le Pen e il suo Front National (al 22%), lo Jobbik in Ungheria, l’Ukip in Gran Bretagna puntano tutti, con diverse sfumature, a garantire e rafforzare lo stato sociale, ma solo per i «loro cittadini».
Il «nemico» Europa
E il passo che porta dal nazionalismo all’antieuropeismo è breve: la dimostrazione di forza dei partiti di destra in Danimarca ha anche fornito a David Cameron un alleato in Europa per rinegoziare i termini di adesione della Gran Bretagna all’Unione. D’Altronde il Ppd cavalca l’antieuropeismo da anni, trascinando il dibattito sul progetto europeo verso posizioni molto vicine a quelle britanniche: meno integrazione e meno solidarietà.