lunedì 1 giugno 2015

La Stampa 1.6.15
Liguria
Il Pd dalla paura al tracollo dopo dieci anni di dominio
di Jacopo Iacoboni


«Giovanni, Giovanni, grandeeeee». E lui: «È una nuova era che si apre, è storia». È l’una e 57 e al secondo piano dell’Hotel Bristol, Giovanni Toti stappa lo champagne con il suo gruppetto. In questo preciso istante, ammettono di aver vinto.
Il centrosinistra non aveva mai avuto così tanta paura, non qui, non a Genova. E aveva ragione. La quarta proiezione dava Toti in testa al 35,3, seguito da Raffaella Paita, strenuamente difesa dalla coppia Burlando-Renzi, al 30,9 e Alice Salvatore del M5S al 22,6.
I segni della Grande Paura del Pd, quelli erano apparsi inequivocabili per tutto il giorno. C’erano due sinistre spaccate, c’era la stanchezza terminale del mondo di Burlando, c’era la sfida di Civati a Renzi. E c’era un Movimento cinque stelle fortissimo, qui: alle europee, stravinte dal premier, prese comunque un 25 per cento. Il Pd, allora, il 41. Ieri si giocava la posizione di prima forza politica in Liguria, a danno del Pd
Molto è passato dal 2014, questo è chiaro. E non era incoraggiante che la Paita, anche dinanzi all’ipotesi di una mezza vittoria, senza la maggioranza in consiglio, dicesse a ora di cena: «Se vincessi, comunque vincessi, sarebbe un risultato incredibile, una roba da Highlander»; segno di timore. «Avevo tutti contro, il sistema di potere della sinistra, i media, un’inchiesta che non meritavo e mi ha fatto stare malissimo per tre giorni e tre notti, senza dormire. Il dopo? Le alleanze? Vincere prima di tutto». Il testa a testa con Toti l’ha vista sempre rincorrere.
Per capire quanta tensione avesse la candidata Pd, considerate allora alcune sequenze della giornata di ieri in Liguria. Berlusconi, per dire. Stanco e sul viale del tramonto, okay, ma sempre Berlusconi; s’è preso la briga di partire per andare a casa di Giovanni Toti, vicino a Bocca di Magra. Segno che una speranza ce l’aveva eccome. È arrivato in elicottero a Cinquale, Massa. È sceso con Francesca Pascale e Maria Rosaria Rossi, e ha offerto spettacolo tornando sulla vicenda del suo arrivo al comizio sbagliato a Segrate, l’altra sera. Per smentirla, certo; ma così i capannelli erano divertiti, affollati: «Qui vinceremo, vedrete. La storia di Segrate è una bufala, montata come al solito». Toti stesso, più tardi, in via XX settembre, davanti all’hotel Bristol, ci dirà a tu per tu: «Abbiamo ricompattato la coalizione, siamo a livelli molto più alti della media italiana, che dovevamo fare di più? Se davvero vincessimo, abbiamo fatto IL miracolo». Dava un’idea confident, serena, abbronzato, sorridente, l’idea di uno che aveva tutto da guadagnare.
Un clima totalmente diverso si respirava nel fortino di “Lella”, al Porto Antico (stesso palazzo della sede di Eataly di Oscar Farinetti). Gli ultimi giorni sono stati tremendi. A Genova il candidato civatiano, Luca Pastorino, era dato alto (alle due di notte sfiorava il dieci, 9,6). Ed era in impennata Alice Salvatore, dei cinque stelle. La visita di Pierluigi Bersani venerdì aveva visto momenti aspri, rivelatori del disagio democratico: l’ex segretario era venuto a fare un’iniziativa in città ma non non sapeva di vedere la Paita; l’incontro alla fine c’è stato, ma con imbarazzo. Bersani ha detto, sì, che “bisogna stare uniti”, ma ha tirato bordate su Renzi, sulle riforme, sul “Pd di sistema” (chiarissimo riferimento alla Liguria). Paita ha commentato in privato: “M’hanno teso una trappola”.
Aveva forse ragione Burlando, che ieri ha sussurrato: “L’alternativa non è tra vincere e vincere male. È tra vincere male e perdere: se il M5S è così alto, e se Pastorino sale al 10”. Anche lui, a modo suo, vecchio lupo, aveva fiutato l’aria.
Per il resto del Pd lo scenario peggiore sembrava solo la vittoria del presidente ma con l’effetto anatra zoppa, Paita senza maggioranza, con 15 consiglieri (e 16 l’opposizione). Paradossalmente, un Toti davanti può allearsi con Enrico Musso - celebrando così anche il clamoroso riavvicinamento di sistema troa Scajola e Berlusconi. Anche se resta l’eventualità reale di una regione difficile da governare.
Di certo il Pd ha passato una bruttissima nottata ligure. Sergio Cofferati, che denunciò i brogli alle primarie vinte dalla Paita, ieri sera commentava: “Io non ho agito contro nessuno. La Liguria potrebbe diventare laboratorio nazionale”. Ma laboratorio della nuova sinistra almeno quanto laboratorio del nuovo centrodestra.
E il quadro della Grande Paura è completo. Grillo, al seggio a Sant’Ilario con la moglie Parvin, aveva scherzato: “Il Maalox ce l’ho sempre dietro, ma stavolta sono ottimista, lo prendono loro; Alice Salvatore può vincere”. O almeno, può far perdere.