venerdì 19 giugno 2015

La Stampa 19.6.15
L’euro va cambiato comunque, ha troppi difetti di costruzione
Le incongruenze della moneta unica non sono più sopportabili
di Stefano Lepri


Questa sì che è l’ultima chiamata, dopo molti falsi allarmi anche pretestuosi. E’ la paura dei greci stessi ad affrettarla, con ritiri di risparmi dalle banche - per nasconderli sotto il materasso - al ritmo di circa 100 euro al giorno a persona. E quel 75% che vuole restare nell’euro si è anche visto ieri in piazza, ad Atene, in una manifestazione grande e composta.
Il nuovo governo che aveva suscitato le speranze di molti, in tutta l’Europa, si è infilato in un vicolo cieco: deve scegliere tra quella che finora ha definito una resa e la catastrofe; perché nelle condizioni attuali l’insolvenza sarebbe una catastrofe. Può darsi non sia vero, è certo verosimile il consiglio confidenziale alle banche greche di non riaprire lunedì.
Da parte europea, ciò che manca è l’autocritica. I tempi troppo stretti della cura di austerità imposta alla Grecia nel 2010, troppo più severa di quella irlandese, spagnola o portoghese, devono essere riconosciuti come un errore. Per far tornare i conti i sacrifici erano inevitabili, ma gli eccessi si curano con la dieta, non con un prolungato digiuno.
La soluzione ideale sarebbe evitare nuove misure restrittive per quest’anno, nell’attesa che l’economia ellenica si riprenda. I Paesi creditori potrebbero concedere questo se avessero fiducia che il risanamento proseguirà negli anni successivi; purtroppo questa fiducia oggi manca del tutto, come lo stesso ministro Yanis Varoufakis ha ammesso ieri.
Non ci può essere fiducia, se quelle che finora il governo greco ha definito «linee rosse invalicabili» implicano esborso di denaro dei contribuenti degli altri Paesi, tedeschi, francesi, italiani, e anche di alcune nazioni che non sono più ricche della Grecia. Non ci può essere fiducia, quando da Atene giungono solo liste di misure fantasiose dai gettiti inverosimili.
Difficile essere benevoli, dopo che ieri una «commissione per la verità sul debito» del Parlamento greco ha votato un documento dove si afferma che il debito è illegittimo e non va pagato. In un contorto linguaggio da ultrasinistra si affibbiano tutte le colpe agli stranieri furbescamente ignorando che a scassare il bilancio greco fu il governo di centro-destra in carica dal 2005 al 2009.
Nel 2010 in cambio degli aiuti sono state imposte condizioni troppo severe, in parte controproducenti. Ma senza aiuti la Grecia, con il deficit di bilancio e lo squilibrio dei conti con l’estero che aveva allora, sarebbe stata ancora peggio, con grave penuria di viveri e di carburante. Questo è il dramma che va riconosciuto, che deve ispirare umiltà da tutte le parti.
Battendo i pugni sul tavolo - per usare l’espressione cara ad alcuni in Italia - il governo Tsipras ha perso quattro mesi e mezzo con il principale risultato di rendere ognuno dei possibili esiti (accordo o insolvenza) più costoso di quanto sarebbe stato allora. I dati sul bilancio di maggio mostrano un governo che non paga le forniture, imprese e cittadini che si vendicano non pagando le tasse.
Ad Alexis Tsipras ora si può chiedere solo se accetta, probabilmente spaccando il suo partito, oppure se intende saltare nel vuoto. Ma a condurci a questo momento traumatico sono difetti di costruzione dell’euro che non possono più essere sopportati (alcuni li ha ricordati di nuovo ieri il Fondo monetario) sia se da Atene verrà un sì, sia se verrà un no.