La Stampa 13.6.15
La mossa geo-politica del Vaticano
“Una data fissa per la Pasqua” L’invito del Papa agli ortodossi
L’apertura del Pontefice ai patriarchi di Costantinopoli e Mosca I due giorni oggi non coincidono a causa del calendario diverso
di Franco Garelli
Possono essere molte le ragioni sottese alla rivoluzionaria proposta di Francesco di stabilire una data fissa per celebrare la risurrezione di Cristo, in modo che ogni anno, nello stesso giorno, tutti i cristiani – cattolici, ortodossi o protestanti – vivano insieme la Pasqua.
La prima è dare un segno di concretezza ad una istanza ecumenica che da tempo fatica ad andare oltre le buone intenzioni, dal momento che si scontra con differenze teologiche e di tradizione cristallizzate nel corso della storia e che persistono anche nell’epoca attuale. Come si sa, per il mondo cattolico la Pasqua è una festa mobile, e la sua data cambia di anno in anno, in quanto connessa al ciclo lunare. La Pasqua si celebra la domenica successiva alla prima luna di primavera, e viene sempre compresa nel periodo tra il 22 marzo e il 25 aprile. Gli ortodossi invece seguono il calendario giuliano, che prevede la ricorrenza della Pasqua in una data diversa da quella celebrata in Occidente. Si tratta di opzioni e di tradizioni differenti che al mondo secolarizzato di oggi possono apparire poco rilevanti, ma che invece per il popolo dei fedeli e per i cultori della tradizione mantengono un forte valore identitario. In altri termini, dietro le diverse sequenze del calendario vi è l’affermazione di specifiche identità confessionali, che si sono delineate nel tempo e impediscono il dialogo e la convergenza tra quanti professano l’unica fede in Gesù Cristo. Di qui la mano tesa del Papa soprattutto nei confronti delle Chiese ortodosse, con la disponibilità a trovare una data comune, in modo che a Roma, a Costantinopoli e a Mosca venga celebrata la Pasqua ogni anno nello stesso giorno. Ciò per evitare, nelle parole di Francesco, che i cattolici e gli ortodossi celebrino la Pasqua in giorni diversi; che gli uni festeggino la più grande festa dei cristiani quando gli altri ritengono che il Signore non sia ancora risorto.
Ma oltre ad essere dettata da ragioni ecumeniche, questa apertura del Pontefice sembra far parte della grande attenzione che Francesco riserva a ciò che accade a livello religioso e politico nel Medio Oriente e nell’Est europeo. E’ grande la preoccupazione del Papa non soltanto per le sorti delle comunità cristiane in Paesi e in territori in cui l’islam è fortemente maggioritario e in cui esse hanno problemi di sopravvivenza fisica; ma anche per il ruolo che le chiese ortodosse possono avere in nazioni (come la Russia e l’Ucraina) che sono al centro di conflitti identitari ed etnici. Di qui, l’attenzione - che oggi si arricchisce di un nuovo gesto - nei confronti del Patriarcato di Mosca e delle Chiese ad esso collegate perché venga ribadita la comune radice cristiana, al fine di rafforzare l’azione di pace e di riconciliazione in terre ricche di contrapposizioni. Ciò vale soprattutto per l’Ucraina, dove la confessione maggioritaria (la chiesa ortodossa cattolica) è chiamata dal Pontefice a svolgere un ruolo di maggior mediazione politica grazie alla sua duplice identità «ortodossa» e «cattolica».
Come sempre dunque in questo pontificato, un gesto religioso (come appunto la proposta di una data fissa per la Pasqua per tutti i cristiani) ha anche una forte valenza geo-politica.