Il Sole Domenica 14.6.15
I misteri dei neutrini/2
Una finestra sulla nuova fisica
di Vincenzo Barone
Ogni minuto, milioni di miliardi di neutrini (provenienti perlopiù dal Sole) attraversano il nostro corpo senza lasciare traccia – e senza ovviamente che ce ne accorgiamo. Queste misteriose particelle sono così riluttanti a interagire col resto del mondo che non hanno bisogno – come pensava una nostra ministra dell’istruzione – di un apposito tunnel per andare dal Cern di Ginevra, dove sono prodotte in collisioni subnucleari, fino ai laboratori del Gran Sasso, dove vengono osservate: compiono tranquillamente il viaggio tra la Svizzera e l’Abruzzo in due millisecondi e mezzo, attraversando indisturbate uno spicchio del nostro pianeta.
Ma non ci sono soltanto i neutrini solari e quelli degli acceleratori: ci sono anche i neutrini dei raggi cosmici e delle supernovae, quelli generati nei primissimi istanti dopo il Big Bang, che pervadono tutto lo spazio, quelli di altissima energia che arrivano chissà da dove, quelli provenienti dall’interno della Terra, e persino quelli «a kilometro zero», che produciamo noi stessi, circa 5000 al secondo – un po’ di più se mangiamo banane, perché sono emessi da un isotopo del potassio che abbonda in quel frutto. Tutti i neutrini che giungono fino a noi recano preziose informazioni sulle loro sorgenti e sui processi che li hanno originati - in definitiva, sul funzionamento dell’universo. Per osservare questi straordinari, ma elusivi, messaggeri, bisogna ricorrere a mezzi estremi: laboratori costruiti sotto terra per schermare i raggi cosmici (il più grande al mondo è quello dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare sotto il Gran Sasso) e giganteschi “telescopi”, costituiti da reti di rivelatori disseminati in chilometri cubi di materia – ghiaccio in Antartide, acqua nelle profondità del Mediterraneo (uno di questi apparati è in costruzione al largo di Capo Passero in Sicilia).
La storia dei neutrini – che è legata a doppio filo a quella della fisica italiana, ed è ora raccontata, assieme all’attualità della ricerca, in un piacevole librino scritto da una delle nostre maggiori esperte, Lucia Votano – ha inizio negli anni Trenta del secolo scorso, quando i fisici si trovarono di fronte a un enigma: nel decadimento beta, un processo in cui un nucleo radioattivo si trasforma in un altro nucleo emettendo un elettrone, l’energia degli elettroni prodotti risultava in completo disaccordo con quella prevista. Il grande Niels Bohr, sempre pronto a soluzioni rivoluzionarie, ipotizzò che nei processi nucleari l’energia non si conservasse. Un altro genio della fisica, Wolfgang Pauli, ebbe un’idea diversa: suggerì che nel decadimento beta, oltre all’elettrone, venisse generata un’altra particella, neutra (cioè priva di carica elettrica) e non osservata. La chiamò “neutrone” (i veri neutroni, costituenti dei nuclei assieme ai protoni, non erano stati ancora scoperti), ma Fermi gli fece notare che in italiano il suffisso “-one” fa pensare a qualcosa di grosso, mentre alla nuova particella, che doveva essere estremamente leggera, si adattava meglio il diminutivo “neutrino”. Fu questo il nome che si impose e che è oggi usato in tutte le lingue. L’idea di Pauli, oltre a rivelarsi corretta, rappresentò anche una pietra miliare sul piano metodologico: per la prima volta, infatti, derogando al principio di parsimonia che vieta di far proliferare le entità naturali, veniva postulata l’esistenza di una nuova particella – una strategia teorica ripetuta poi più volte con successo (si pensi al bosone di Higgs, “inventato” mezzo secolo prima della sua scoperta).
Fermi costruì la teoria del decadimento beta e della forza che lo determina – la forza debole – aprendo la strada al Modello Standard, la moderna teoria delle particelle e delle interazioni fondamentali. Il neutrino di Pauli fu scoperto sperimentalmente solo nel 1956 da due ricercatori americani, Cowan e Reines. Negli stessi anni, il panorama si ampliò: l’ex allievo di Fermi Bruno Pontecorvo, uno dei «ragazzi di via Panisperna», trasferitosi in Unione Sovietica, suggerì l’esistenza di un secondo tipo di neutrino, e ipotizzò che i neutrini potessero “oscillare”, cioè cambiare periodicamente da un tipo all’altro. Il neutrino predetto da Pontecorvo fu osservato nel 1962, e un terzo tipo di neutrino venne scoperto nel 1975.
Negli ultimi decenni l’interesse per i neutrini è progressivamente aumentato, perché si è capito che essi portano dritto al cuore dei meccanismi fondamentali della natura. Una delle loro proprietà su cui si concentra maggiormente l’attenzione dei fisici è la massa. Se fino a qualche anno fa si pensava che i neutrini fossero particelle di massa nulla, oggi si sa invece che hanno masse piccolissime, milioni o miliardi di volte più piccole di quella dell’elettrone, che deteneva il record precedente di leggerezza. Lo si è scoperto proprio studiando il fenomeno dell’oscillazione previsto da Pontecorvo (che avviene solo se i neutrini hanno massa). Ma non sappiamo perché queste masse – ancora non precisamente determinate - sono così piccole, e non è chiaro come incorporarle nel Modello Standard, che originariamente non le prevedeva. La natura stessa dei neutrini rimane enigmatica. Una domanda che ci si pone è se siano particelle come le altre, con un’antiparticella associata (l’antineutrino), o particelle del tutto differenti, come quelle immaginate nel 1937 da Ettore Majorana, il geniale fisico siciliano misteriosamente scomparso. Un neutrino di Majorana coincide col proprio antineutrino (il che lo farebbe sparire da certe reazioni di decadimento, che i fisici sperano di osservare) e acquista massa con un meccanismo diverso da quello delle particelle ordinarie. È stata inoltre ipotizzata l’esistenza di un’ulteriore varietà di neutrini, i neutrini “sterili” (così chiamati perché non sentono nessuna delle forze subnucleari), che potrebbero essere tra i componenti della materia oscura, quella materia che non si può osservare direttamente ma che è quattro-cinque volte più abbondante della materia nota.
Il fatto che le particelle più leggere e più sfuggenti che conosciamo racchiudano così tanti segreti dell’universo non può non affascinare. E il bello deve ancora venire. Molti ritengono infatti che i neutrini rappresentino la più promettente finestra sulla “nuova fisica”, quella che ci si aspetta che esista al di là del Modello Standard. Il loro studio - che vede in posizione di primissimo piano i ricercatori italiani - potrebbe nei prossimi anni cambiare radicalmente la nostra visione del mondo fisico.
Lucia Votano, Il fantasma dell’universo. Che cos’è il neutrino , Carocci, Roma,pagg.166, € 13,00