domenica 14 giugno 2015

Il Sole Domenica 14.6.15
I misteri dei neutrini/1
Enigmatici come Majorana
Oggi si fanno grandi investimenti in ricerca per verificare la teoria del geniale scienziato scomparso nel 1938 in modo misterioso
di Sylvie Coyaud


In febbraio si è appreso dal tribunale di Roma che tra il 1955 e il 1959 Ettore Majorana viveva in Venezuela in base a una foto che stando ai familiari non gli somiglia per nulla. In aprile, Il Giornale riferiva che dal 1958 fino alla morte nel 2005, all’età di 99 anni, Majorana costruiva insieme a Rolando Pelizza un generatore di antimateria o «raggio della morte»: alimentato con una pila da 12 volt, raggiunge i 5 miliardi di gradi in pochi «fermisecondi», dice l’ing. Cappiello di Milano che ne ha acquisito la proprietà intellettuale... In altri paesi la stessa leggenda metropolitana ha per protagonista Nicola Tesla o una celebrità locale. In Italia, era toccato a Guglielmo Marconi fino a Il raggio della morte, un libro degli agenti della finanza Gerardo Severino e Giancarlo Pavat uscito nel 2013, in cui l’inventore è sempre Marconi però Franco, il genio ventenne che prima di morire nel 1944 consegnò i piani del generatore al signor Pelizza. Ai cronisti giudiziari, il seguito è noto dagli anni Settanta come il «raggiro della morte» per i miliardi di lire girati in paradisi fiscali europei grazie all’interesse manifestato da governanti italiani e statunitensi e da membri dei rispettivi servizi segreti. Il signor Pelizza che ne deteneva l’esclusiva - a suo dire di allora la doveva a documenti di Marconi fu Guglielmo – era pregato di dimostrarne l’efficacia distruggendo un vecchio satellite americano. Purtroppo una nuvola s’intrometteva ogni volta tra il raggio e il bersaglio.
Fuori dalla fantascienza, Majorana aleggia sulla fisica odierna come in una citazione di Carlo Marx. Enti di ricerca investono milioni di euro, dollari, yen e yuan per verificare una sua teoria che dovrebbe chiarire i misteri del neutrino - i più importanti per la fisica del 21mo secolo secondo molti fisici – e che si scontra dal 1937 con quella di un altro gigante del Novecento, P.A.M. Dirac.
La fisica dei neutrini è nell’infanzia, scriveva Tommaso Dorigo in occasione di una conferenza dei «Neutrino Telescopes» (anche se gli strumenti non somigliano affatto a telescopi). Dal 1998 però, ha scoperto che oscillano tra un stato elettronico, uno muonico, uno tauonico e forse uno “sterile”. Che conservano l’impronta della loro origine, centro del Sole, galassia vicina o lontana, acceleratore di Ginevra o di Chicago. Siccome nulla li devia, se escono al Polo Sud è certo che sono entrati nel pianeta dal Polo Nord un attimo prima.
Lucia Votano, la prima donna a dirigere i laboratori dell’Infn sotto il Gran Sasso e ora in pensione, ha appena pubblicato Il fantasma dell’universo. Che cos’è il neutrino, breve e vivace fin dal titolo allusivo: uno dei ghost-buster del Gran Sasso si chiama Opera… «La domanda se il neutrino abbia le caratteristiche ipotizzate da Dirac o piuttosto da Majorana è ancora attualissima – dice - e la prova è che per risponderci si stanno costruendo apparati di sensibilità sempre maggiore. Gli esperimenti cercano un decadimento nucleare molto raro e ancora mai osservato: il decadimento doppio beta senza neutrini». Se questi fossero “di Majorana” sarebbero la propria antiparticella e svanirebbero, i neutroni del nucleo atomico si trasformerebbero in due protoni con l’emissione di due elettroni soltanto.
Anche le non osservazioni sono preziose. Nel luglio scorso, i fisici che da due anni lavorano con il rilevatore Exo-200 senza vedere nulla hanno posto alcuni vincoli al decadimento: il neutrino avrebbe una massa di 0,2-0,4 elettronvolt. Energia positiva poca, ma deve conservarsi e saltar fuori da qualche parte nelle briciole delle collisioni. Da teorico, Gaetano Salina dell’Infn è soddisfatto di questi risultati: «se sperimentalmente si trova un chiaro segnale di massa, la teoria di Majorana è più fisica di quella di Dirac», che prevede un’energia negativa. E poi «neutrini massivi danno speranza di nuova fisica oltre il modello standard. E si può andare oltre il funerale della fisica delle particelle celebrato con il Nobel a Peter Higgs».
A Lucia Votano viene in mente una culla al posto di una bara. «La questione Dirac o Majorana è importante anche per capire l’evoluzione dell’universo. Se il neutrino è di Majorana può avere contribuito a creare una disimmetria tra materia e antimateria. Al momento del Big Bang particelle e antiparticelle erano in uguale numero, ma durante l’evoluzione successiva è intervenuto qualcosa che ha favorito l’una rispetto all’altra».
Sotto l’Antartide sono stati intrappolati neutrini venuti dai confini del cosmo. E sulla stazione spaziale un mese fa, un esperimento del Cern al quale partecipava Samanta Cristoforetti ha raccolto nuovi dati sul rapporto tra protoni e anti-protoni nei raggi cosmici. Altri tasselli da incastrare, ma nell’ipotesi Dirac o Majorana? Abbiate pazienza, i neutroni sono «enigmatici quanto Majorana», onnipresenti eppure tremendamente schivi, dicono i fisici di Exo-200, di Orca, Minerva, Cuore, Icarus che insieme a Carlo Rubbia e al suo gruppo ha traslocato dall’Abruzzo al FermiLab di Chicago. Ignorano i campi magnetici, non interagiscono quasi mai con altre particelle. Nei ghiacci antartici o del lago Baikal, in fondo a miniere in Giappone e negli Stati Uniti, al largo della Sicilia o di Daya Bay in Cina, giganteschi rilevatori cercano di registrare almeno il lampo turchino - la «luce di Cerenkov» - del loro passaggio. Nell’esperimento Opera che provava a fermarne uno ogni tanto tra i miliardi di miliardi spediti dal Cern al Gran Sasso, lungo un percorso ormai noto come il «tunnel della ministra Gelmini», tra il 2008 e il 2012 si sono trovati quattro candidati a un’interazione da neutrino sterile che si mescola con uno tau. Un successo.
Decine di esperimenti a varie profondità terrestri e marine vorrebbero vedere se capita alle particelle di decadere come Dirac o Majorana comanda. In realtà non si occupavano di neutrini in sé, ma di fermioni non fermionici (i fisici sono negati per la filologia!), con una carica né positiva né negativa, ma neutrale, come il fotone, prive di alcune proprietà dei fermioni normali o con quelle opposte. Majorana semplificò le equazioni di Dirac, un bel regalo per gli sperimentalisti di oggi, anche quelli che studiano le proprietà di nuovi materiali.
Negli isolanti topografici, configurazioni che nessuno immaginava negli anni Trenta, si misurano – con probabilità statistica - dei quasi elettroni di Majorana, effimeri segnali in nanofili di metallo dopati, in materiali superconduttori o superfluidi. Manca però la prova definitiva, quel decadimento senza se e senza ma. Verrà dal Cern di Ginevra, dove il grande collisore di adroni ha raggiunto recentemente l’energia ideale, come pensano Goran Senjanovic e i suoi colleghi? O dall’Oriente?
Per non sentirsi disoccupata, Lucia Votano ha deciso di collaborare a un colossale acchiappa-fantasmi cinese di nome Juno, Giunone in inglese, ma l’acronimo sta per Jiangmen Underground Neutrino Observatory. Con una precisione quaranta volte maggiore, somiglia parecchio a Borexino, sotto il Gran Sasso, così non si sentirà spaesata. In gennaio ha assistito alla posa della prima pietra, tra cinque anni comincerà a fare la pendolare tra Roma e Jiangmen. Non vede l’ora.