venerdì 26 giugno 2015

Il Sole 26.6.15
Tra Syriza e Fmi è duello sulle pensioni
di Vittorio Da Rold


I dati Eurostat parlano di uscite previdenziali della Grecia pari al 17% del Pil nel 2012 rispetto al 12,2% della Germania, con una pensione media di 1.030 euro contro i 1.100 euro tedeschi

Le pensioni greche sono considerate dai creditori internazionali una pesante anomalia che va al più presto sanata. La Grecia ha usato il momento dei bassi tassi di interesse creato dall’entrata nell’euro per portare le pensioni a livelli tedeschi o francesi. Una pensione media è di 1.100 euro al mese, appena 70 euro in meno che in Germania, dove però i salari sono il doppio di quelli ellenici. Non solo. Secondo i creditori internzionale un tedesco va in pensione con il 40% dell’ultimo stipendio, mentre un greco si ritira con l’85 percento dell’ultimo salario.
Per di più, i greci vanno in pensione in media sei anni prima di quanto avvenga per un tedesco grazie a una serie di finestre ancora aperte che consentono i prepensionamenti.
Senza contare che il sistema previdenziale ellenico, come avviene sul fronte del recupero delle entrate fiscali, non è molto efficiente nel raccogliere i contributi previdenziali.
Anche i deficit sono eccessivi: le uscite del sistema pensionistico di Berlino corrispondono al 125% delle entrate, mentre per quello greco il disavanzo vola al 175%: il deficit viene ripianato dalla fiscalità generale, mina nei conti pubblici. Secondo l’economista Manos Schizas, la somma che lo Stato trasferisce agli enti previdenziali per rimpinguare le loro casse è di 13 miliardi di euro all'anno, cifra equivalente al 15% delle entrate di Atene. Ed è moltopiù alta di tutti i soldi, 8 miliardi di euro nel 2014, spesi in appalti e forniture per la pubblica amministrazione.
Gli interlocutori di Atene non riescono a comprendere perché un Governo di sinistra voglia difendere le pensioni più elevate, che vanno a beneficio della parte più ricca della popolazione.
La prima voragine nelle casse statali sono infatti le pensioni che, secondo gli ultimi dati Eurostat disponibili relativi al 2012, pesavano per il 17% del Pil, rispetto all'12,2% della Germania mentre la spesa sociale complessiva, dati Ocse 2014, pesa per il 24% del Pil rispetto al 22% della ricca Norvegia. Per i disoccupati, al 26,5% della popolazione, la Grecia versa in indennità appena l'1,1% del Pil, contro lo 0,8% dell’Italia. Un welfare sbilanciato sul le prestazioni previdenziali e poco su quelle assistenziali.
Ma il problema della previdenza greca è che per anni ci sono stati abusi di massa, complici medici compiacenti, conti in rosso cronici e investimenti internazionali sbagliati dei fondi pensione delle casse di previdenza speciali.
Operazioni spericolate che hanno pesato sulle casse pubbliche e fatto lievitare il debito statale che è al 180% del Pil.
I fondi pensione ellenici hanno subito forti perdite per circa 10 miliardi di euro nel 2012, come conseguenza del coinvolgimento del settore privato nel salvataggio della Grecia (Psi).
Poco è valsa l’opera di recupero, su pressione della troika, di 10 miliardi di dollari iniziata qualche anno fa dall’Istituto delle assicurazioni sociali (Ika), che gestisce le pensioni per oltre 5,5 milioni di persone.
I pensionati statali in Grecia lo scorso anno hanno raggiunto la cifra complessiva di 468.422, costano ogni anno allo Stato circa sei miliardi di euro e negli ultimi cinque anni sono aumentati di 55.176 unità. Queste le ultime cifre fornite dalla Ragioneria generale ellenica e presentate il 22 giugno scorso in Parlamento dal vice ministro delle Finanze Dimitris Mardas in risposta ad una richiesta in proposito fatta dal deputato di Nea Dimokratia Evangelos Basiakos.
I tre governi che si sono succeduti dal 2009, Papandreou, Papademos e Samaras, hanno stretto per ben tre volte la spesa previdenziale, aumentando l'età pensionabile e riducendone la generosità delle prestazioni, passando dal sistema contributivo a quello retributivo.
Ma lo scorso agosto lo scontro tra l'ex premier conservatore, Antonis Samaras, e la troika si consumò proprio sul rifiuto dell'ex primo ministro di sforbiciare ancora le numerose esenzioni che ancora esistono in materia pensionistica, distorsioni inaccettabili in un momento in cui è stata abolita la tredicesima mensilità per tutti i pensionati.