venerdì 19 giugno 2015

Il Sole 19.6.15
Riforma elettorale. Sfida politica
Hong Kong, smacco alla legge di Pechino
di Rita Fatiguso


Pechino I vertici di Pechino non fanno una piega davanti alla bocciatura della mozione per il suffragio nazionale all’Assemblea legislativa di Hong Kong. Perché, come hanno ribadito a più riprese, la determinazione ampiamente spiegata e illustrata lo scorso 30 agosto nella Great Hall of People e seguita a ruota da tre mesi di proteste del movimento Occupy Central, rimane tale e quale. Ma il voto contrario alla proposta di legge dell’Assemblea Nazionale del Popolo, il parlamento cinese, è duro da incassare.
È toccato al nuovo portavoce del ministero degli Esteri, Lu Kang, affrontare la spinosa questione in conferenza stampa: «Questo risultato – ha precisato Lu Kang - , che nel 2017 non ci sarà suffragio universale per il capo esecutivo della regione amministrative speciale di Hong Kong, non è qualcosa che avremmo voluto vedere. Il Governo di Pechino sosterrà la proposta respinta dai deputati, che prevede elezioni a suffragio universale del capo del governo locale su una lista di tre candidati approvati da Pechino. Hong Kong fa parte della Cina, si tratta di un problema interno nel quale altri Paesi non devono interferire».
Laconico anche il comunicato del parlamento cinese: «Nonostante la mozione per il suffragio universale non sia passata all’Assemblea Legislativa la direzione verso il suffragio universale e i principi legali contenuti nella decisione del Comitato Permanente dell’Assemblea Nazionale del Popolo (Anp) devono essere mantenuti nei futuri sforzi per raggiungere il suffragio universale».
Nei fatti ieri l’Assemblea Legislativa di Hong Kong ha respinto la proposta di riforma politica presentata da Pechino: con 28 voti contrari, otto a favore e un solo astenuto, i 37 parlamentari presenti al momento del voto hanno bloccato dopo dieci ore di dibattito il piano di riforma delle legge elettorale che prevede la preselezione dei candidati alla carica di capo esecutivo per le elezioni del 2017. I parlamentari pro-Pechino avevano lasciato l’aula alcuni minuti prima del voto nel tentativo (non riuscito) di dilatare i tempi per l’approvazione.
Che succede, adesso, in concreto? Con la bocciatura della proposta Hong Kong mantiene il metodo di elezione del capo esecutivo che prevede l’elezione dei nuovi vertici da parte di un comitato di 1.200 componenti scelti tra le principali categorie economiche, sociali e politiche di Hong Kong.
In base alla proposta di riforma, i cittadini avrebbero potuto votare tra i candidati scelti dal comitato, che avrebbero pre-selezionato i candidati. I democratici e i movimenti di contestazione alla legge si sono opposti a questa scelta.
La possibilità che la legge non venisse approvata era nell’aria, dopo che i parlamentari democratici avevano reso noto che non avrebbero sostenuto la riforma facendo mancare il numero legale di voti. Infatti la bocciatura è stata possibile perchè in base alla Costituzione della Sar (Speciale Regione Amministrativa) di Hong Kong, approvata da Pechino per l’approvazione c’era bisogno di una maggioranza qualificata dei due terzi. I sondaggi della Hong Kong University dicono che il 51% dei residenti è comunque favorevole alla proposta, contrario il 37 per cento.