domenica 14 giugno 2015

Il Sole 14.6.15
Se i greci sono favorevoli sia all’euro che a Tsipras
di Vittorio Da Rold


Alexis Tsipras ha ancora il sostegno della maggioranza dei greci, e chi spera in Europa in un rapido cambio di governo ad Atene dovrebbe tenerlo bene a mente. Ovviamente dopo quattro mesi di convulsi negoziati con l’ex trojka in rappresentanza dei creditori internazionali, le percentuali nei sondaggi non sono più così robuste come dopo il voto di gennaio.
Ma ancora oggi il 54% degli elettori greci - secondo la società Public Issue - è favorevole alla seppur alternante strategia negoziale della maggioranza di governo, mentre Syriza, il partito del premier, è sempre saldamente al top delle preferenze con un ottimo piazzamento del 48% (12 punti in più dei voti ottenuti il 25 gennaio) davanti parecchie lunghezze rispetto al misero 21% del centrodestra dell’ex premier Antonis Samaras sempre più isolato nel suo stesso partito di Nea Demokratia come pure Evanghelos Venizelos che ha deciso di non candidarsi più alla segreteria del Pasok ormai a rischio estinzione.
I greci, dicono i sondaggi, se dovesse cadere Tsipras guarderebbero non al passato ma ad Alba Dorata, la formazione neonazista che potrebbe guadagnare da un ritorno alle urne consentito, però, dalla Costituzione solo dopo un anno dalle precedente tornata elettorale.
Solo un greco su cinque, in sostanza, rimpiange il precedente governo Samaras, accusato di essere stato troppo indulgente con le richieste della trojka. Come pure nessun ateniese vuole abbandonare l'euro visto che il 72% degli elettori, in caso di referendum ipotizzato, ma poi sempre escluso dal governo, voterebbe per rimanere nella moneta unica mentre il 24% è disposto a tornare alla dracma. Tra questi c’è anche Costas Lapavitsas, economista a Oxford ma militante di Syriza e consulente del premier Tsipras, che isolato nel suo stesso partito, continua nei talk show ad Atene a indicare la via dell’uscita dall’euro e del ritorno alla dracma come la più opportuna per la Grecia piuttosto che dover continuare a sopportare altre misure di austerity.
I greci sarebbero disposti a bere altre dosi di austerità (tagli alle pensioni e aumenti dell’Iva) solo nel caso venisse ridotto (si dice almeno del 17%) il debito pubblico che veleggia al 177% del Pil pari a 320 miliardi di euro.
Chi punta sulla debolezza politica di Tsipras o sulle divisioni interne a Syriza con il leader dell’ala sinistra del partito, Panagiotis Lafazanis, sbaglia i suoi calcoli. Anche la coalizione con i nazionalisti dei Greci indipendenti di Panos Kammenos finora ha retto alla prova dei fatti, tenuta insieme del collante dell’ostilità a nuove misure di austerità. In questo quadro anche un accordo “sporco”, cioè un ulteriore intesa ponte che porti dopo l’estate al varo di un terzo piano di salvataggio, sarebbe per Atene un compromesso accettabile.