lunedì 8 giugno 2015

Corriere 8.6.15
Da Agnoletto a Parlato, poi Scalzone Il ritorno al passato di Landini
Rodotà carica la platea di Coalizione sociale
Il leader: paghiamo le tasse e vogliamo contare
di Andrea Garibaldi


ROMA È una cosa nuova la Coalizione sociale di Maurizio Landini, né di sinistra, né di centro né di destra — dice lui — e non sarà un partito, ma una formazione che dovrebbe «fare paura» all’altra parte, vale a dire al governo Renzi. Ma è, tuttavia, una cosa attraente per personaggi che hanno avuto un ruolo nella sinistra italiana. Ecco, dunque, nei due giorni di «costituente» ideata dal segretario dei metalmeccanici Cgil, apparire il professore urbanista Pancho Pardi, che una notte dell’inverno 2002 Nanni Moretti promosse futuro leader dell’Ulivo e finì senatore con Di Pietro. Ecco Valentino Parlato, ottantaquattro anni, più volte direttore del Manifesto . E Alfonso Gianni, già sottosegretario per Rifondazione nel secondo governo Prodi. E Andrea Alzetta, detto Tarzan, per come si arrampicava ad occupare case. Va sul palco Gigi Malabarba, ammiratore di Trotzkij e del subcomandante Marcos. C’è la costituzionalista Lorenza Carlassarre, che parla della Costituzione «buttata a mare» da Renzi e dai suoi. Si siede in prima fila Corradino Mineo, senatore pd, sostituto in commissione per la sua opposizione alla riforma del Senato.
Si sono visti, nelle sale del centro congressi Frentani, Vittorio Agnoletto, portavoce del Genoa Social forum durante il G8 del 2001, e Franco Piperno e Oreste Scalzone, leader di Potere operaio e imputati nell’inchiesta 7 aprile. Poi, ci sono i nuovi come Francesco Raparelli, animatore delle Camere del lavoro autonomo e precario, Michele Curto, protagonista dell’occupazione della caserma dismessa di via Asti a Torino e promotore dei Treni della memoria ad Auschwitz, Massimo Covello, sindacalista nella Calabria assediata dalla ‘ndrangheta. E anche — tollerato — Marco Cusano, operaio Fiat dei Cobas, licenziato a Pomigliano d’Arco, avendo inscenato il finto suicidio di Marchionne. Milleottocento presenze, un quarto sotto i 35 anni, metà lavoratori a tempo indeterminato, trecento associazioni. Da portare dove? L’impianto teorico lo fornisce Stefano Rodotà. Primo: ridare rappresentanza al 50 per cento dei non votanti. Secondo: ricostruire l’etica civile, mentre «il garantismo di Renzi è peloso, ipocrita, dice che non può intervenire sugli indagati finché la sentenza non è definitiva e dovrebbe invece affidarsi alla Costituzione («chi ha funzioni pubbliche deve adempierle con disciplina e onore»). Terzo: interrompere lo sfruttamento nel mondo del lavoro. Quarto: difendere la democrazia da Renzi, che la vorrebbe «senza popolo».
La pratica la spiega Landini: «Non vogliamo essere fuorilegge, ma vogliamo cambiare le leggi che cancellano i diritti delle persone». Pensa all’abolizione dell’articolo 18, agli sgravi fiscali per chi finanzia le scuole paritarie, all’attacco in corso alla contrattazione collettiva. «Renzi è come Monti e Letta, esecutore dei diktat della Bce. Ci siamo rotti di pagare le tasse e non contare nulla». Quindi, moltiplicare le iniziative in spazi pubblici non usati e poi ritrovarsi fra tre mesi «perché anche in autunno possano sbocciare i fiori, un primo maggio in autunno». Manifestazioni, referendum, si vedrà