Corriere 4.6.15
Bettini: la minoranza agisce come un partito a sé
Un altro l’avrebbe asfaltata
Roma Goffredo Bettini, è soddisfatto per l’esito delle Amministrative?
«Direi che siamo andati più che bene per quanto riguarda i numeri delle Regioni conquistate. Ma il voto ci dà un avvertimento da non sottovalutare: resta forte l’astensionismo; le forze più reazionarie conquistano la guida della destra; i 5 Stelle dimostrano di avere un consenso stabile; la lista del Pd fatica e la sinistra radicale non si espande. Si riavverte la pancia conservatrice del Paese».
Quindi non è stata una vittoria?
«Ragionare per schemi è un errore. C’è da dire che è un voto amministrativo: non solo c’erano le liste civiche ma non c’è stato il traino diretto di Renzi. E un anno fa, se alle Europee avemmo un voto sensazionale, il voto per le città fu nettamente inferiore».
Si sta esaurendo la spinta propulsiva del renzismo?
«No, Renzi ha dato un’enorme spinta alla politica italiana, Sta cambiando davvero l’Italia. Ma questo è un Paese complicato con mille feudi e conventicole. È scattata una Santa Alleanza per impedire il cambiamento. I vecchi assetti si muovono in modo trasversale e dicono: che vuole questo ragazzo di provincia, che agisce senza consultarci e senza compromessi? Il fuoco, anche amico, è stato tremendo».
Allude alla minoranza?
«Non si è mai vista una minoranza interna che agisce come un altro partito. Nel passato tutti i leader della sinistra, in nome della ditta, avrebbero asfaltato i dissidenti, se avessero agito in questo modo».
Anche Renzi è accusato di non ascoltare la sinistra.
«Renzi ha deciso tutto in direzione. Struttura che non ha mai funzionato tanto come ora. Io ne sono membro dagli Anni 80. Ci sono stati lunghi confronti e spesso sono stati accolti i contributi della minoranza. Chi non era d’accordo, non solo non ha preso atto, ma si è organizzato per impedire l’attuazione degli orientamenti assunti. Una cosa mai vista».
Perché è successo?
«Penso che si stia tornando ai difetti di questi ultimi 20 anni, a partire dall’ideologismo: prima l’unica “passione” era l’antiberlusconismo, ora è diventato l’antirenzismo. Ho visto con dispiacere che una persona intelligente e amica come Vendola ha detto, con soddisfazione, che il vero senso delle elezioni è stata la sconfitta di Renzi. Non si accorge che il pericolo torna a essere la destra».
È stato più coerente Civati?
«Mi dispiace se ne sia andato, ma se si ritiene incompatibile ha fatto bene. A me piacerebbe che, invece di perdere altri pezzi, si rispettassero le regole condivise».
C’è spazio a sinistra del Pd?
«Purtroppo no. Dico purtroppo perché sarebbe meglio che certe spinte radicali confluissero in una sinistra piuttosto che nell’astensionismo o nel grillismo».
Che fare ora?
«Non mollare sulle riforme. Non sono un Vangelo ma hanno contribuito alla ripresa e colgono un punto decisivo: si rivolgono ai nuovi conflitti, ai disagi e ai dolori delle persone senza rappresentanza».
Renzi non ha sbagliato?
«Il suo vero errore è stato non avere voluto o potuto affrontare la trasformazione del partito. Non regge un partito che ha, come è giusto, un leader che decide e sotto una frantumazione confusa in feudi territoriali, eredità di anni di regime correntizio. Serve alla base della piramide, una forma di democrazia integrale. Bisogna far decidere gli iscritti anche sulle grandi scelte di indirizzo: per esempio, sulla scuola, sulle riforme istituzionali».
Che fare contro i cacicchi?
«Serve un partito che non subisce i processi spontanei ma li dirige. Altrimenti è in balia dei potentati locali »
Come giudica l’iniziativa della Bindi su De Luca?
«Come un intervento inopportuno. Eviterei denunce e controdenunce, perché cosa fatta capo ha. Ma certo si è trattato di un intervento a gamba tesa, prettamente politico».