giovedì 4 giugno 2015

Corriere 4.6.15
Spunta la non ricandidabilità per i dissidenti
Ma la stretta sul partito comincerà con l’applicazione più rigida delle regole già esistenti, tra cui l’espulsione
di Monica Guerzoni


ROMA «Dopo le Regionali dovremo darci delle regole sul nostro modo di stare nel Pd...», ammoniva Matteo Renzi prima del voto di domenica. Il momento è arrivato e lunedì sera, davanti alla direzione nazionale, il premier lancerà ai ribelli l’ultimo avvertimento. Chi ha parlato con il leader si aspetta un forte richiamo alla lealtà e alla responsabilità, dell’intera squadra e di ogni singolo giocatore. E poiché il segretario ritiene la coesione del Pd cruciale per il prosieguo della legislatura, la sua relazione potrà essere messa ai voti.
Se ci sarà la conta, sancirà la divisione tra la maggioranza e quell’area dell’opposizione interna, guidata da Roberto Speranza e Pierluigi Bersani, che non ha votato la fiducia sull’Italicum e, sulla scuola, ha disobbedito agli ordini di scuderia. Ora la tentazione di Renzi è quella di stringere i bulloni per mettere in sicurezza Pd, maggioranza e governo. Ma il premier in direzione si limiterà a enunciare i princìpi, rimandando le decisioni al lavoro della commissione, presieduta da Orfini e Guerini, che da mesi lavora per modificare statuto, codice etico e regole di comportamento.
Il presidente Matteo Orfini assicura che eventuali espulsioni dei dissidenti «sono assolutamente fuori discussione». Semmai un tema di cui si discute è la non ricandidabilità dei parlamentari che votano in dissenso dal gruppo, tranne che sulle questioni etiche e le materie costituzionali. Altra decisione da prendere è se, una volta approvate dall’assemblea nazionale, le sanzioni scatteranno in automatico, oppure se la loro applicazione debba essere discussa di volta in volta.
Nell’attesa delle nuove regole, la vita interna del partito si basa sulle «tavole della legge» scritte da Bersani e compagni. Nel programma elettorale per le Politiche 2013 l’ex segretario annotava: «L’Italia ha bisogno di un governo e di una maggioranza stabili e coesi», principio da cui conseguiva «l’imperativo della responsabilità» e l’impegno, per l’intera coalizione, a risolvere le controversie parlamentari con «una votazione a maggioranza qualificata dei gruppi». Sulla disciplina interna le norme sono già severe e il costituzionalista Salvatore Vassallo ritiene «difficile che Renzi ne porti in direzione di nuove, visto che le nostre sono già molto stringenti».
All’articolo 22 dello statuto del Pd è scritto che «gli eletti si impegnano a collaborare lealmente per affermare le scelte programmatiche e gli indirizzi politici comuni». Norma che va letta nel combinato disposto con l’articolo 2 dello statuto del Pd della Camera: «Ogni aderente al gruppo nello svolgimento della sua attività parlamentare si attiene agli indirizzi deliberati dagli organi del gruppo, che sono vincolanti». Insomma: si discute, si vota e chi è in minoranza si adegua.
Per chi sgarra scattano le sanzioni previste all’articolo 9 del regolamento del gruppo e che Renzi non ha mai voluto applicare: richiamo orale, richiamo scritto, sospensione, espulsione dal gruppo. È interessante capire come la pensi Roberto Speranza, che queste regole le ha sottoscritte quando il capogruppo era lui: «I problemi del Pd si risolvono con la politica, non con articoli e commi. Ma io sono convinto che Renzi sarà prudente, sobrio e attento al rapporto con la minoranza. Ha capito che il problema non sono i parlamentari, ma la frattura con un pezzo del nostro popolo».
Il vicecapogruppo vicario, Ettore Rosato, pensa invece che «il disattendere le regole abbia contribuito a logorare il Pd, facendoci perdere voti». Adesso la battaglia si sposta al Senato, sulla riforma della scuola. Forte di venti, trenta preziosi voti, la minoranza spera di costringere il premier a negoziare altre modifiche al testo. «La legislatura è in mano ai senatori del Pd» si appella alla responsabilità Luigi Zanda, che tiene sul tavolo il Regolamento del gruppo. All’articolo 13 ecco le sanzioni per «gravi violazioni del Regolamento». E l’espulsione c’è.