martedì 2 giugno 2015

Corriere 2.6.15
Una guerra tra francesi nella Francia di Vichy
risponde Sergio Romano


Rispondendo a un lettore lei ha scritto che «la Francia preferisce non parlare, per se stessa, di guerra civile (nel Secondo conflitto mondiale, ndr), ma credo che per certi aspetti la sua situazione non sia stata troppo diversa da quella dell’Italia». A che cosa si riferisce?
Maria Rosa Galli

Cara Signora,
Quando la Francia fu sconfitta, nel 1940, esisteva nel Paese una consistente area politica che attribuiva alla democrazia parlamentare della III Repubblica tutti i mali della nazione. Il Fronte popolare del 1936 era stato percepito come un trionfo del social-comunismo e le leggi adottate dal governo di Leon Blum erano considerate pericolosamente eversive. Fra i francesi a cui non piaceva la democrazia vi era un po’ di tutto: militari, industriali, intellettuali affascinati dal fascismo e dal nazismo, nostalgici della monarchia, cattolici ultraconservatori, nazionalisti, razzisti.
Per molti di essi la sconfitta non era soltanto una umiliante esperienza nazionale. Era anche l’occasione per rimodellare lo Stato francese secondo criteri autoritari. Una delle prime decisioni del governo Pétain, quando al vecchio maresciallo vennero conferiti i pieni poteri, fu l’approvazione di un Atto costituzionale che prevedeva la creazione di una Corte suprema di giustizia. A quella Corte fu affidato il compito di processare per «tradimento della patria» alcuni degli uomini che avevano governato la Francia negli anni precedenti: Leon Blum, Edouard Daladier, Paul Reynaud, Georges Mandel. Occorreva dimostrare che il Paese era stato sconfitto perché la cattiva democrazia parlamentare aveva negato alle forze armate i mezzi necessari per la difesa del Paese.
Non era vero e la Corte dovette archiviare le accuse. Ma il processo voluto da Pétain dimostrava che la Francia, in quel momento, era drammaticamente divisa. La spaccatura della Francia fu esasperata dall’evoluzione della guerra e della situazione politica. Quando la Germania invase l’Unione Sovietica nel giugno 1941, il Partito comunista dette un contributo decisivo all’organizzazione della Resistenza. Fu una decisione patriottica, ma venne usata dal regime di Pétain per affermare che la vera patria del Pcf era l’Urss e per giustificare la creazione di una Milizia Francese, il 30 gennaio 1943, che collaborò con le forze tedesche d’occupazione per la caccia ai partigiani e la persecuzione degli ebrei. I suoi effettivi furono relativamente modesti (non più di 10.000/15.000 uomini), ma la sua esistenza dimostrava che il regime si stava fascistizzando e che la collaborazione con la Germania stava assumendo una connotazione ideologica. Questo spiega la fucilazione, dopo la fine della guerra, di alcuni esponenti del regime di Pétain (fra cui Pierre Laval) e il processo al maresciallo che si concluse con la condanna a morte, mutata per decisione del generale De Gaulle in carcere a vita.