Corriere 18.6.15
«Il sindaco resterà anche nel 2016. Matteo? Non siamo sempre d’accordo»
intervista di Monica Guerzoni
ROMA «Tra me e Renzi non si è rotto nessun patto. Anche perché quando giochi alla PlayStation devi battere l’avversario...». E poiché l’«avversario», tra virgolette, è il premier, Matteo Orfini prova a chiudere in pareggio la partita sui destini del Campidoglio: «Non ho mai pensato di dimettermi, tutte sciocchezze — assicura il presidente del Pd nel pomeriggio —. Perché mai dovrei lasciare? Ho il mandato di riformare il Pd romano dopo averlo pulito ed è quello che sto provando a fare». Se Palazzo Chigi ha mollato Marino, Orfini non si arrende. Non ingrana la retromarcia e non si pente di aver definito «irricevibile» il pressing per le dimissioni del sindaco. Continua a far muro, difendendo al tempo stesso Marino e il suo lavoro di commissario: sette mesi nella trincea romana. E guai a dirgli che la sua linea è diversa da quella del premier: «Renzi ha difeso Marino più di me, quando ha detto che non ci sono gli estremi per il commissariamento». Ma a La Stampa Renzi aveva affermato che, nei panni di Marino, non starebbe tranquillo, non si sente sconfessato? «Nessuna sconfessione, no. Io quel colloquio non lo considero, sto a quanto Renzi ha dichiarato a Porta a Porta . In tv non ha detto che Marino deve lasciare, gli ha chiesto di valutare se è in grado di fare un salto di qualità per andare avanti. Uno stimolo che va recepito». E per lei, presidente, il sindaco deve proseguire? «Deve essere Marino a fare una valutazione, per capire se è in grado di ripartire». Orfini non ha voglia di giocare al toto-sindaco. Giachetti? Barca? «Nel 2016 non si voterà, quindi i candidati alternativi sono fuori discussione. Aspettiamo la relazione di Gabrielli sul Campidoglio e decidiamo». Nessun dietrofront. Anzi Orfini ribadisce la risposta (durissima) con cui, ieri mattina, ha reagito al cambio di linea: «Né io né il premier possiamo dimettere Marino. E non penso che una questione così delicata possa essere affrontata con battute. Roma è la Capitale e sta lottando contro la mafia. Su questi temi non si fanno battute, si fa una discussione politica come quella di Porta a Porta . Io sto a quella linea lì, che condivido». È vero che i vostri rapporti sono cambiati? «Non sono sempre d’accordo con lui, tant’è che alle primarie non lo ho votato. Ma ci stimiamo, ci sentiamo di continuo e abbiamo un rapporto serenamente dialettico». Dialettica un po’ forte... «Su Roma la dialettica non c’è stata, è una questione di toni». I toni di Renzi non le sono piaciuti? «Renzi stesso ha preso le distanze da quella battuta sul sindaco». Alla Camera il tema del gelo tra renziani e «giovani turchi» è all’ordine del giorno, ma Orfini sdrammatizza: «Non c’entra niente Roma con le componenti del Pd». E qui è lui a concedersi una battuta: «La massima conflittualità tra me e Renzi si è raggiunta durante quella partita alla PlayStation, la notte delle Regionali».