mercoledì 17 giugno 2015

Corriere 17.6.15
La Cassazione e la nuova legge: falso in bilancio più debole
Prima condanna azzerata per le norme che avrebbero dovuto rafforzare il reato
di Luigi Ferrarella


MILANO Una sentenza della Cassazione, annullando ieri sera la condanna per bancarotta a 6 anni e 9 mesi dell’ex sondaggista di Berlusconi, Luigi Crespi, avverte in controluce che la nuova legge sul falso in bilancio, in vigore da appena 48 ore, non solo non sarà in grado di punire quasi più alcun serio caso di falso in bilancio, ma anche che sta già iniziando a falciare i processi in corso. Con il paradosso quindi che la nuova legge, rivendicata dal governo Renzi come ripristino della portata penale del reato depotenziato nel 2002 da Berlusconi, ha invece l’effetto pratico contrario di cancellare anche quel poco che era rimasto.
Tutta colpa di quattro parole — «ancorché oggetto di valutazioni» — che in marzo un emendamento governativo eliminò dall’iter di approvazione della norma, lasciando fuori dal perimetro di ciò che è reato i casi più frequenti e insidiosi di falso in bilancio: che ovviamente non sono quelli grossolani nei quali si comunica di avere ciò che palesemente non si ha, ma sono quelli raffinati nei quali si dichiara di possedere qualcosa stimato a un valore in realtà sballato se tarato correttamente alla luce del Codice civile, dei principi contabili nazionali elaborati dagli appositi organismi, e degli standard internazionali Ias/Ifrs. Magazzini, ammortamento dei crediti o stime immobiliari sono tipiche «valutazioni», alle quali persino la deprecata legge Berlusconi conservava almeno un minimo di punibilità se si scostavano dalla realtà per più del 10%.
Il problema era stato segnalato su queste colonne il primo aprile, prima dell’ultimo voto sulla nuova legge che ha rialzato la pena sino a 8 anni di carcere (la più alta d’Europa, meno solo degli Usa), eliminato le soglie quantitative (5% del risultato economico, 1% del patrimonio, 10% delle stime), introdotto la procedibilità d’ufficio anziché a querela, e incluso anche le holding di controllo e le società che raccolgono risparmio. Tutte cose ottime. Ma, nel contempo, un caso da manuale di diritto simbolico. Perché questo formidabile arsenale — si notava — sarebbe rimasto pressoché inutilizzato visto il buco nella condotta-reato descritta dalla legge. Veniva infatti approvato un testo che puniva chi, al fine di conseguire un ingiusto profitto, «consapevolmente» espone «fatti materiali non rispondenti al vero». Era qui che si scorgeva già il problema: rispetto al testo precedente la formulazione «fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero» perdeva infatti il successivo inciso «ancorché oggetto di valutazioni», che invece c’era nel residuo falso in bilancio dell’era Berlusconi (con soglia fissata al 10% delle stime). E appariva difficile sostenere che fosse una svista o una dimenticanza, giacché questo inciso c’è ancora nella norma che la relazione governativa asseriva di aver ripreso come dichiarato parametro (l’art. 2638 sul reato di ostacolo alle funzioni dell’autorità di vigilanza), e c’è ancora nei reati tributari della legge 74/2000.
Le segnalazioni caddero nel vuoto, in Parlamento nessuno argomentò né a favore né contro, la legge fu approvata così, e la sua entrata in vigore fissata a lunedì 15 giugno. Venerdì 12 giugno la Cassazione si trova a esaminare la condanna di Crespi per bancarotta del suo gruppo Hdc, dissesto cagionato in larga parte da moltissimi falsi in bilancio per valutazioni. Gli avvocati (Elia, Chiappero, Rossodivita e Sisto) fanno presente che fra 48 ore entra in vigore la nuova legge sul falso in bilancio, che a loro sembra non ammettere più le valutazioni tra gli elementi costitutivi del reato.
A questo punto la Cassazione rinvia da venerdì a ieri, e in serata esce con un verdetto che annulla senza rinvio, cioè definitivamente, i segmenti di bancarotta di Crespi riconducibili ai falsi in bilancio per valutazioni, mostrando con ciò di ritenere appunto che la nuova legge non le ricomprenda più nel perimetro di reato (e che dunque l’imputato non possa essere condannato né riprocessato per qualcosa che oggi non è più reato). Via i 6 anni e 9 mesi di Luigi Crespi, i 4 del fratello Ambrogio e i 3 della moglie Natascia. Passa in giudicato solo la piccola porzione di pena (da rideterminare in un nuovo Appello) che si regge su una residua imputazione di falso in bilancio per fatti materiali.