sabato 13 giugno 2015

Corriere 13.6.15
La fertilità finirà nei nuovi curriculum?
di Luisa Pronzato


I nserire la fertilità nel curriculum? La questione si sta ponendo in Inghilterra dove un quinto delle professioniste laureate nate tra il 1969 e il 1968, non ha figli. A sollevare il dibattito Geeta Nargund, ginecologa e consulente del ministero dell’Istruzione, che ha invitato le donne che vogliono avere figli a farlo prima dei trent’anni. Perché l’orologio biologico non sia una mannaia sui percorsi di carriera femminili servono, sostiene la ginecologa, meno allarmismi e più informazione. Anzi formazione. Sin dalla scuola, sia a bambine sia a bambini. «Le donne istruite — dice — non sono abbastanza istruite sulla fertilità». E proprio per questo ha proposto di inserirla nei programmi di studi. «Ho osservato troppo spesso lo shock e la disperazione sui volti di donne che si rendono conto che è passato troppo tempo per iniziare una famiglia», ha scritto in una lettera al ministro. «Per molti, questa notizia arriva come una vera e propria sorpresa e il senso di devastazione e di rimpianto può essere schiacciante». E ha aggiunto: «L’informazione è potere ed è il modo migliore per aiutare le persone a prendere il controllo sulla loro fertilità». Il discorso, come in Italia, non si ferma a come trasformare i tanti dibattiti sulla conciliazione a una concreta condivisione di ruoli tra donne e uomini. Non demonizzare le madri che lavorano, potrebbe essere il primo punto. Vediamolo concretamente: un recente studio su 50mila adulti in 25 paesi, mostra che le figlie di madri che lavorano hanno realizzato più obiettivi di quelle che non lavorano. Una buona risposta a quel 41 % di adulti che a una ricerca Pew ha risposto che le madri che lavorano sono un male per la società.