Corriere 10.6.15
«In Aula avremo altri numeri» Il premier prepara il «rimpastino»
di Maria Teresa Meli
ROMA All’apparenza la situazione non è delle migliori per Matteo Renzi. Al Senato, in Commissione, il governo è andato sotto sul parere di costituzionalità della riforma della scuola. A Roma, intanto, continua a infuriare la bufera di «Mafia Capitale».
Ma a Palazzo Chigi il premier ostenta una certa tranquillità: «Era scontato che in quella Commissione andasse a finire 10 a 10, ma non c’è problema, la legge può andare in Aula ugualmente. E lì i numeri saranno ben diversi». Con i suoi, il premier è esplicito: «Voglio vedere chi si assume la responsabilità di rinviare troppo quella legge e di lasciare centomila persone senza lavoro a settembre». Come a dire: la minoranza o i sindacati preferiranno creare disoccupazione pur di fare un dispetto a me?
Insomma, il premier è disponibile al dialogo, «ma non al mercanteggiamento con la minoranza», spiega ai collaboratori, «perché questa riforma va fatta nell’interesse degli studenti, della scuola, del Paese, non può essere merce di scambio per qualcos’altro».
Anche la tempesta romana non scuote la fiducia di Renzi. Benché più d’uno tra i suoi sia convinto che tutto nasca solo per colpire il Pd e, di conseguenza, Renzi. Spiega un autorevole ministro del Partito democratico: «C’è un esercito di gente a cui Matteo ha pestato i piedi perché ha tolto dei privilegi, tra questi anche i magistrati. È un esercito che si sta muovendo contro di lui per rallentarlo e condizionarlo, ma non ce la farà». Evidentemente anche il premier deve essere convinto che questi tentativi di mettergli i bastoni tra le ruote saranno vani: «Fidatevi, sarà ancora lunga, ma la spunteremo», dice ai fedelissimi.
E per confermare che la pensa così sul serio e che la sua non è solo un’ostentazione di tranquillità si è messo già a studiare i nuovi organigrammi del gruppo della Camera e del partito e il rimpastino dell’esecutivo, perché, poi, «ragazzi, tocca avviare la fase 2 del governo e non abbiamo troppo tempo da perdere».
Dunque a presiedere i deputati andrà Ettore Rosato, che ha mostrato di essere utilissimo al premier. Lo affiancherà come vice Matteo Mauri del Pd, in quota minoranza «buona», quella, per intendersi, che ha rotto con i bersaniani. Al partito intanto resterà Lorenzo Guerini. In autunno, con una conferenza organizzativa, verrà ridisegnato il nuovo Pd.
Al governo, una new entry della minoranza collaborativa: Enzo Amendola, attualmente responsabile Esteri della segreteria del partito, prenderà l’incarico di viceministro alla Farnesina. Insomma, chi nella minoranza si è comportato «rispettando quel vincolo di lealtà che è proprio di una comunità politica» e «senza il quale il Pd scompare» verrà premiato.
Ma nell’esecutivo ci sono altri due posti liberi. Quello di viceministro allo Sviluppo economico, che era occupato da Claudio De Vincenti, attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio, e il dicastero degli Affari regionali. Il primo spetterà a Scelta civica, il secondo al Nuovo centrodestra. Non è escluso inoltre che Renzi nomini un sottosegretario ad hoc per l’Immigrazione, un tema su cui ha deciso di contrastare il «nostro vero avversario, cioè Salvini».
Quanto alle presidenze delle Commissioni, che vanno rivotate a metà legislatura il premier sta pensando di attendere settembre, anche per vedere «i riposizionamenti nei diversi schieramenti» (non solo nella sua minoranza, ma anche dentro Forza Italia). E poi? «E poi avanti di corsa con le altre riforme per avviare la fase 2 del governo. Andremo avanti con ancora più decisione senza farci fermare da nessuno perché l’Italia è come una bicicletta: funziona solo se corre sempre».