sabato 9 maggio 2015

Repubblica 9.5.15
Cento giorni di Tsipras e l’impasse delle trattative hanno riportato la Grecia sull’orlo della recessione
di Ettore Livini


MILANO I primi cento giorni del governo di Alexis Tsipras si chiudono con due certezze: l’accordo tra la Grecia e i creditori — pur «vicino», come ha ribadito ieri il premier — non c’è ancora e non arriverà nemmeno all’Eurogruppo di lunedì. Mentre l’economia di Atene, soffocata dallo stallo dei negoziati e dalla crisi di liquidità, ha fatto dietrofront. Le banche faticano a far credito, lo Stato non paga i fornitori, i cittadini non versano le tasse. E i segnali di ripresa registrati a fine 2014, sono già andati in fumo, rendendo ancor più complicato il salvataggio del Paese.
UNA GELATA A 360°
I numeri, nella loro fredda logica, dicono tutto: nei primi tre trimestri dello scorso anno davanti al Pil ellenico era rispuntato il segno più. Percentuali da prefisso telefonico (+0,7%), ma oro puro in un Paese che in un lustro ha bruciato il 25% della sua economia. Poi il vento è cambiato. Tra ottobre e dicembre 2014, quando l’ex presidente del Consiglio Antonis Samaras ha convocato le elezioni anticipate, l’indice è tornato a scendere. E da allora il barometro è rimasto sul brutto fisso. «La Grecia rischia di tornare in recessione », ha ammesso l’Ufficio bilancio del Parlamento nei giorni scorsi. La gelata è a 360 gradi. E i colpevoli (oltre al cappio al collo di Atene messo dai creditori centellinando la liquidità) sono un po’ tutti. Il governo, per far quadrare i conti dello Stato e pagare i prestiti di Bce, Ue e Fmi, ha smesso di pagare i suoi fornitori. Nei primi tre mesi del 2014 l’esecutivo Samaras aveva sborsato quasi 600 milioni a questa voce. Quest’anno le uscite sono state solo di 43 milioni. Un giro di vite che ha consentito di ottenere un avanzo in linea con le promesse all’ex Troika ma che ha soffocato molte piccole e medie imprese che campano vendendo beni e servizi alla pubblica amministrazione.
FORNITORI A SECCO
Stessa cosa è successo in ogni angolo della funzione pubblica. Gli ospedali hanno ricevuto dall’esecutivo tra gennaio e marzo trasferimenti per 63 milioni. Briciole rispetto al loro fabbisogno reale visto che solo a gennaio hanno dovuto ordinare medicinali per 88 milioni. E il congelamento della liquidità ordinato dal governo nelle ultime settimane a tutti gli enti statali è stato il colpo di grazia.
Lo stallo politico ha soffocato nella culla anche la flebile ripresa dei consumi. I greci, dopo aver perso il 45% del loro reddito disponibile dal 2008, avevano ripreso a spendere lo scorso Natale. Tutto già finito. A febbraio le vendite al dettaglio sono calate del 3,3%, Non solo. Il rischio di default ha convinto molti a ritirare i soldi dalle banche: da gennaio sono spariti dai conti correnti 26 miliardi, quasi il 15% del totale. Soldi che di sicuro non sono andati a pagare le tasse visto che nei primi tre mesi di quest’anno il fisco ha accumulato altri 3,5 miliardi di arretrati (il totale è a quota 74,6 miliardi) incassando 700 milioni in meno delle stime, prudenti, del governo Syriza.
RISCHIO AUSTERITY-BIS
Bce, Ue e Fmi — impegnate in queste ore in frenetiche trattative per un accordo sulle riforme che sblocchi gli aiuti alla Grecia — ne hanno preso atto: Bruxelles ha rivisto dal +2,5% al +0,5% le previsioni sul Pil di quest’anno. Anche il rapporto debito/Pil è stato ritoccato in peggio alla stratosferica quota del 180%. Numeri che tradotti nella quotidianità del Paese rischiano di tradursi in nuova austerità: per raggiungere l’obiettivo di avanzo primario del 4% imposto dall’ex- Troika, Tsipras dovrebbe varare oggi una nuova manovra da almeno 5 miliardi. Impensabile per una nazione già in ginocchio.
La speranza ovviamente è che un’intesa rapida ribalti il trend. Di sicuro, salvo sorprese, non accadrà all’Eurogruppo di lunedì. «Ci sono progressi, il lavoro è costruttivo ma i tempi non saranno brevi», hanno detto ieri dopo un faccia a faccia il ministro al Tesoro italiano Pier Carlo Padoan e il numero uno dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem. «Siamo sicuri che la Grecia troverà i soldi per rispettare le proprie scadenze», hanno detto ieri fonti Ue. In primis quella di un prestito da 760 milioni dell’Fmi martedì prossimo. Il rischio però è di tirare troppo la corda. «Non vorrei essere costretto a decidere se con i soldi che ho devo pagare i creditori o gli stipendi e le pensioni », ha ribadito di recente Tsipras. Con le casse e l’economia del Paese in questa situazione, il dilemma potrebbe presentarsi al premier molto prima del previsto. E le conseguenze, per la Grecia e per l’euro, potrebbero essere disastrose.