sabato 30 maggio 2015

Repubblica 30.5.15
Rosy Bindi
“Indignata sono io sapevano bene chi candidavano. Che partito è?”
“Giudicheranno gli italiani chi usa le istituzioni per scopi politici La mia storia parla da sola”
di Giovanna Casadio


ROMA «Indignati? Indignata sono io, io... Lo hanno candidato loro De Luca e sapevano chi era..., sta succedendo una roba fuori dal mondo, ma che Pd è diventato questo? ». Rosy Bindi è nel suo ufficio al quinto piano di Palazzo San Macuto, dopo la “bomba” di Vincenzo De Luca “bollato” come impresentabile. La presidente dell’Antimafia, la “pasionaria” dem, l’ex presidente del Pd eletta per acclamazione, l’antirenziana che ha sfidato la “rottamazione”( «Ma è la mia ultima legislatura»), lei, Bindi, è in trincea. Telefonano da Radio Radicale e le chiedono di tenere una diretta perché tra gli ascoltatori è «un trionfo». «No, no grazie», rifiuta. Ed è una nemesi davvero strana: essere attacca dai compagni di partito e difesa dai Radicali che la cattolica Bindi ha sempre avversato. Prova a scherzare, comunque. «Capisco che tra Carbone e l’inferno ci possono essere dei rapporti...». Carbone è Ernesto. È il renziano che la accusa per primo di avere piegato la commissione Antimafia a «vendette interne di corrente partitica». L’inferno di accuse è quello che la travolge.
Dicono che si è vendicata di Renzi. Che avere inserito De Luca tra gli impresentabili per un reato del 1998, che sarebbe stato già prescritto se l’ex sindaco di Salerno non avesse rinunciato alla prescrizione, che è stata quindi una sua vendetta politica. Bindi s’inalbera: «Sono indignata io, certo, che qualcuno voglia con queste accuse senza fondamento delegittimare il lavoro di una istituzione. E la mia storia parla da sola. Non conosco l’uso a scopi personali o di parte delle istituzioni. Non mi appartiene e credo che lo sappiano tutti. Giudicheranno gli italiani chi usa le istituzioni per fini politici, ma certamente non sono io». Però lei ha tolto dal cilindro all’ultimo momento, e all’insaputa di tutti, il “caso” De Luca. Non poteva dirlo prima? Persino il capogruppo dem in commissione Antimafia ricostruisce la cosa così. Pronta la replica: «Tutti sanno e sapevano tutto su De Luca. Da quanti giorni? E la fonte non era certo la commissione. Mi sbaglio o è stato il tema principale di questa campagna? Forse non erano note le posizioni di alcune persone che sono nella lista, ma De Luca è stato candidato con la totale conoscenza e consapevolezza della sua situazione. Cosa cambia da ora?» Cambia in effetti che c’è il bollino dell’Antimafia, che De Luca viene coinvolto in una lista di impresentabili, alcuni con sospetti di 416bis. Ma Bindi insiste: «Dovevo usare due pesi e due misure? Io non intendo replicare e abbassarmi a interloquire ad accuse assurde». Ribadisce che la lista degli impresentabili («Parola che io non uso, qui si tratta di chi non è in regola con il codice») presentata alla vigilia delle elezioni regionali, non ha disturbato la campagna elettorale. Ma non altera così il voto di domenica? Sbotta: «Meglio dell’ultimo giorno, potrei dire. La verità è che tutti hanno fatto campagna liberamente e se la legge mi affida un compito di informare sulle qualità dei cittadini, quando avrei dovuto farlo? Dopo? Complimenti per il ragionamento».
Nel Pd di Renzi il clima è diventato tesissimo e lo scontro senza esclusione di colpi. Bindi, che ha marcato il suo dissenso persino non partecipando al voto di fiducia sull’Italicum, è a questo punto più vicina a lasciare il Pd di Renzi? «E perché mai? — risponde — Non si possono confondere partito e istituzioni». L’ultimo invito lo rivolge ai cittadini perché vadano a votare: «Gli elettori sono in grado di decidere, il mio è un invito ad andare a votare. Agli italiani non manca certo l’intelligenza di fare delle scelte». Svicola alla domanda se voterebbe De Luca. La risposta del resto è nel fatto. «Io voterò in Toscana e sono contenta di farlo in una regione in cui non c’è un dato politico di questo genere». Un confronto con De Luca? Non se ne parla.