Repubblica 30.5.15
I renziani: il nemico in casa
Nel Pd è l’ora dei veleni. Bersani: persa la bussola Torna il rischio scissione
Ma è gelo anche su Guerini. Cuperlo: a 48 ore dal voto non si fa così
“La Bindi ci porta indietro di secoli, quando i processi si facevano nelle piazze aizzando la folla”
di G. C.
ROMA «Si sta perdendo la bussola della democrazia, qui si sta sbandando... ora finisce che danno la colpa all’Antimafia». Pier Luigi Bersani, l’ex segretario dem, è in allarme. Ha telefonato a Rosy Bindi per esprimerle il suo sostegno. Lo scontro nel Pd non è mai stato così aspro. E torna a soffiare forte il vento della scissione. Lo scambio d’accuse ha strascichi persino nei comizi che avrebbero dovuto vedere tutti renziani e sinistra dem, maggioranza e minoranza del partito - remare nella stessa direzione per portare a casa il migliore risultato alle regionali. La “bomba” De Luca, sganciata dalla presidente dell’Antimafia, Rosy Bindi alla vigilia del voto di domani, fa volare gli stracci. Nessuno è al riparo.
Neppure Lorenzo Guerini, il vice segretario, su cui piove la vecchia accusa di non avere saputo sminare in tempo il “caso Campania”, evitando che «Vincenzo o’sceriffo », l’ex sindaco di Salerno su cui pendevano tante controindicazioni, si candidasse alle primarie. Primarie che poi ha stravinto e non c’è stato modo di fermarlo. Guerini rischia il posto di vice? Nelle stesse file renziane il mantra è: «Non si doveva arrivare a questo». La Bindi è il bersaglio, «l’avversario in casa». Però il vice segretario è accusato di avere avuto poco polso. Guerini ha replicato: «Sono stato all’inizio anch’io poco convinto sulla candidatura di De Luca per via della legge Severino, è risaputo. Però in questi mesi sono passato dalle perplessità alla solidarietà completa».
È il tempo delle accuse nel Pd. Una catena di errori, per la sinistra dem; per i renziani «Bindi ha usato l’Antimafia per vendette di partito». Dopo le regionali arriverà la resa dei conti. La minoranza del partito l’annuncia e difende Bindi. Così come Nichi Vendola, il leader di Sel («Contro la Bindi, squadrismo puro»)e Pippo Civati, che ha da poco lasciato il Pd. Contro la presidente dell’Antimafia si è scatenata una pioggia di accuse. La attacca il presidente del partito, Matteo Orfini: «È incredibile l’iniziativa della Bindi dal punto di vista istituzionale, giuridico e anche culturale: riporta ai tempi in cui i processi si facevano in piazza aizzando le folle». Chi la incolpa di avere violato la Costituzione (il renziano Ernesto Carbone) e chi denuncia «la barbarie politica, perché non si annunciano gli impresentabili a 24 ore dal voto» (il capogruppo al Senato, Luigi Zanda). Sul tempismo è critico anche Gianni Cuperlo, il leader di Sinistradem, ed è l’unico appunto che muove a Bindi: «A 48 ore dal voto, non si fa così. Ma il clima è intollerabile l’attacco a Bindi, rovesciare su di lei le accuse è sbagliato. La democrazia - ricorda - ha dei fondamenti che vanno tutelati sempre. Il garantismo è un valore di civiltà. I processi si fanno nei tribunali. I cittadini sono chiamati a valutare persone e programmi ». Stefano Fassina, un passo fuori dal partito, non ci sta e parla di «insulti ignobili alla Bindi». Roberto Esposito invita a «una separazione non consensuale» nel Pd, tra la maggioranza e i dissidenti.
A Renzi è indirizzato un documento di ex civatiani, che non hanno condiviso la scelta di Civati di lasciare il Pd. Vogliono un Pd di sinistra, più ulivista e che si chiarisce le idee ma che resti unito: «Non ci rassegniamo all’idea che l’entusiasmo e la speranza che il Pd ha saputo suscitare nel popolo del centrosinistra vadano smarriti. La fatica del confronto non ci ha stancati e non ci arrendiamo all’idea che di fronte alle divergenze non ci sia altra strada che l’abbandono o la rottura». Quindi non vogliono rompere, però neppure soccombere. Lo firmano in tanti, tra cui Sandra Zampa, deputato e portavoce di Prodi, Lucrezia Ricchiuti, senatrice in dissenso sulle politiche renziane, Davide Mattiello, responsabili di circoli, eurodeputati come Daniele Viotti con un gruppo di dem piemontesi, Silvia Prodi. «Su De Luca, bisognava fermarsi prima. Nel partito ci vuole una discussione approfondita », insiste Zampa. Tra pochi giorni riunione al Nazareno.