Repubblica 29.5.15
Van Gogh
Il rosso perduto dei fiori dell’artista
Una mostra al Metropolitan racconta le tecniche del pittore svelando l’uso di pigmenti sbiaditi con il tempo
di Roberta Smith
L’ARTE è duratura, ma il colore può avere vita breve. Questo è il messaggio che lancia la mostra Van Gogh: Irises and Roses , piccolo gruppo di quadri scelti dall’artista olandese in mostra al Metropolitan Museum of Art di New York. La mostra è interessante, prima di tutto perché riunisce quattro nature morte floreali di grandi dimensioni che l’artista dipinse 125 anni fa e che da allora non sono mai state più tutte vicine. (Due appartengono alla collezione del Met; una è della National Gallery di Washington; l’ultima arriva dal Museo Van Gogh di Amsterdam). Appese a un’unica parete, queste tele attestano l’abilità di Van Gogh nel conferire ai fiori l’aspetto di ritratti. Ma il fulcro della mostra è anche una questione di scienza. Aver riunito queste tele, infatti, ha permesso di eseguire una ricerca dettagliata sull’uso del colore da parte di Van Gogh, in particolare sulla scelta da parte sua di una versione arancione- scarlatta brillante, ma instabile, del rosso lacca. Non c’è da stupirsi se la tecnologia digitale è stata utilizzata anche dalle organizzatrici della mostra, Susan Alyson Stein, curatrice del dipartimento di pittura europea al Met, e Charlotte Hale, una delle conservatrici dei dipinti del museo, per presentare le loro scoperte grazie a due brevi proiezioni di brillanti diapositive. Di fronte ai quadri, le immagini digitali compaiono su alcuni monitor e ci trasportano oltre la superficie delle opere, ingrandendo le molecole di colore, e addirittura nel loro passato. Andando avanti e indietro, da queste immagini alle tele reali, si riesce a comprenderle e a vederle ancor più in profondità.
Nel maggio 1890 Van Gogh si accingeva a lasciare il manicomio di St. Rémy. Prima di mettersi in viaggio per Auvers, in meno di una settimana completò le quattro opere qui esposte, lavorando su tele rettangolari alquanto grandi per dimensioni e quasi identiche (73,6 cm per 91,4). Come scrisse a suo fratello Theo, erano due dipinti di iris e due di rose, in formato orizzontale e verticale per ogni soggetto. Furono lasciate ad asciugare a St. Rémy e spedite ad Auvers alla fine di giugno.
Dopo Van Gogh, è difficile pensare ai fauve e all’espressionismo tedesco senza l’esempio della sua pennellata rapida e carica, i suoi colori saturi, la sua potenza psicologica. Peccato però che i dipinti che ammiriamo oggi non siano proprio come li dipinse Van Gogh. L’artista utilizzava uno dei pigmenti rosso lacca prodotti da una tintura sintetica, attratto dalla sua brillantezza, pur sapendo che avrebbe potuto sbiadire. Per dipingere i suoi iris viola, mescolava questo rosso al blu, e per le rose altrimenti bianche lo utilizzava direttamente, per aggiungere schegge di rosso vivo. Lo mescolò al bianco, per ottenere il rosa dello sfondo nella natura morta degli iris in orizzontale e della superficie rosa del tavolo nella tela delle rose verticali. Van Gogh ha perso la sua scommessa con la chimica: col passare degli anni il rosso lacca si è sbiadito, è per lo più scomparso se mescolato a qualsiasi altro colore e se utilizzato senza essere diluito si è come slavato, diventando di un colore non diverso da quello del fegato crudo. Di conseguenza, i suoi iris oggi sono più blu che viola. Le rose, invece, sono quasi completamente bianche, e così pure lo sfondo e la superficie del tavolo un tempo rosa.
Nella serie di diapositive poste davanti alle opere compaiono anche cartoline, riprodotte per molti anni, della natura morta delle rose in verticale, che dimostrano come un tempo le piccole striature rosse delle rose contrastassero con il loro sfondo verde menta e con quello delle altre opere. Naturalmente tutto ciò lo si indovina o lo si deduce soltanto nelle riproduzioni dei dipinti ricostruiti. Chi può sapere con certezza come apparivano dal vivo nel 1890? Quando si esce dalla mostra, perché non approfittare per dare un’occhiata agli artisti francesi come Vuillard, Bonnard e Derain che trassero enorme beneficio dalle innovazioni di Van Gogh? Essi scelsero di non rischiare e, di conseguenza, i loro rossi e i loro rosa luminosi col passare del tempo non si sono sbiaditi.