martedì 19 maggio 2015



Repubblica 19.5.15
Cervello senza misteri leggere nel pensiero è diventato un affare
Dai videogiochi che si comandano con le onde cerebrali all’utilizzo medico, negli Usa sono raddoppiati i brevetti di area neurologica
di Silvia Bencivelli


È STATA chiamata Neurotecnologia Pervasiva. E pervasiva comincia a esserlo davvero. Sono soprattutto sistemi per la lettura del pensiero e delle emozioni, ma anche macchine che promettono di migliorare le funzioni del cervello o di alleviare la depressione. Oggetti su cui le grandi aziende stanno puntando gli occhi da tempo e che oggi registrano un vero e proprio boom certificato dall’impennata della richiesta di brevetti. A mostrarlo sono i numeri e i grafici colorati di un rapporto firmato SharpBrains, un’agenzia di ricerche di mercato specializzata nell’analisi delle ricerche sul cervello e delle loro ricadute.
Negli Stati Uniti, sottolinea SharpBrains, nei cinque anni tra il 2010 e il 2014 c’è stato il raddoppio secco dei brevetti di area “neuro”, cioè si è passati da 800 a 1600. Una crescita impressionante soprattutto se si osserva che in tutto il decennio precedente di brevetti di questo tipo se ne erano rilasciati solo 400.
Ma la sorpresa sta soprattutto nel vedere chi se li è aggiudicati. Perché non si tratta (solo) di company specializzate in strumenti medici. E nemmeno di università o di enti di ricerca, che oggi hanno appena il 15% delle richieste all’Ufficio Brevetti. Si tratta piuttosto di multinazionali del marketing, come la Nielsen, leader mondiale nelle ricerche di mercato e leader anche nella graduatoria di Sharp-Brains. Cioè, di quelli che studiano i consumatori e le loro preferenze per offrire alle altre imprese uno sguardo di insieme sulle tendenze, sulle mode e sui cambiamenti del mercato.
Per questo molti dei brevetti riguardano sistemi per la “lettura del pensiero”: perché in realtà sono macchine e software che cercano di spiare tra i nostri neuroni, per esempio, nella speranza di misurare con precisione se e come una certa pubblicità funzioni, ossia se ci emozioni e sia capace di trasformarci in clienti. Sono, cioè, sistemi che riguardano il cosiddetto neuromarketing: la nuova tendenza del marketing che si basa (o vorrebbe basarsi) su quello che la scienza sta cominciando a capire del cervello.
Ma non c’è solo il neuromarketing dietro all’impennata di brevetti. E non è solo il neuromarketing a volerci leggere il pensiero. Lo ha spiegato l’amministratore delegato di SharpBrains, Alvaro Fernandez, intervenuto alla conferenza Neurogaming che si è tenuta a San Francisco nei giorni scorsi. Secondo Fernandez, infatti, “siamo entrati nell’era della neurotecnologia pervasiva, in cui il neurotech è andato oltre la medicina ed è diventato competenza di aziende diverse, che stanno sviluppando neurotecnologie per migliorare il nostro lavoro e la nostra vita”. Intanto, proprio lì, c’era chi presentava al pubblico strumenti per comandare i videogiochi con le onde cerebrali senza dover mettere le mani sul joystick.
Certo, nel rapporto di Sharp-Brains si trovano anche strumenti di impiego medico o riabilitativo, e non solo oggetti costruiti per giocare o per disegnare una pubblicità surfando le onde di un elettroencefalogramma. Ci sono brevetti per sistemi di valutazione della gravità di una lesione cerebrale, per esempio, o per intervenire sull’attività di una regione di cervello e migliorarla. E infatti, nell’elenco dei brevettatori principali degli ultimi anni, subito dopo Nielsen troviamo la Advanced Neuromodulation Systems, cioè una company specializzata in sistemi per la riabilitazione neurologica.
Ma se si continua a scorrere la graduatoria, riecco brevetti che non hanno niente a che fare con la salute. Come quelli rilasciati alla Microsoft: sistemi che leggono gli stati mentali e cercano di determinare quale sia la maniera migliore per presentare le informazioni a chi sta davanti a un computer. Oppure di riconoscere se e quando è il momento giusto per presentare uno spot a uno che sta giocherellando col proprio laptop.
In tutto questo, però, i grafici di SharpBrains indicano forse anche una tendenza nella tendenza. Cioè la crescita, per molti scienziati eccessiva o quantomeno prematura, della fiducia nella ricerca sul cervello, e nelle sue possibilità di dare risultati concreti e monetizzabili. Ma se questo sia davvero l’inizio di una nuova era, come sostiene Fernandez, o una bolla che potrebbe presto sgonfiarsi, non si può ancora dire.