sabato 16 maggio 2015

Repubblica 16.5.15
La sinistra di Syriza sfida il governo Tsipras drena liquidità alle ambasciate
di ettore Livini


Riunione-maratona della segreteria con i deputati. Respinta la richiesta dell’ex-Troika di rafforzare le riforme Stipendi e pensioni pagate, ma molte agenzie governative non hanno liquidità e i fornitori restano a secco

MILANO Le trattative per il salvataggio della Grecia arrivano al nodo della “variabile Syriza”. L’ala più radicale del partito di Alexis Tsipras – forte di 30 voti decisivi in Parlamento – ha iniziato infatti ad affilare le armi contro eventuali compromessi al ribasso con l’ex-Troika. E in una riunione-maratona della segreteria politica con i deputati durata alcune ore nella serata di giovedì ha messo sulla graticola il vice-premier Yannis Dragasakis, chiedendogli di non fare passi indietro sulle promesse elettorali.
L’appuntamento, in teoria, era di routine. Un’occasione per fare il punto della situazione e decidere assieme quali nuovi passi fare. Il clima, confermano alcuni dei partecipanti, si è scaldato subito e l’incontro si è trasformato in un processo alla strategia del governo con i creditori. Il comunicato finale della serata dice tutto: «L’insistenza di Bce, Ue e Fmi a chiederci di implementare il memorandum siglato dall’esecutivo di Antonis Samaras soffocandoci finanziariamente confligge con il concetto di democrazia e rappresentatività dell’Europa – proclama –. Le nostre linee rosse sono le stesse del popolo ellenico. Vinceremo!». Linea su cui si sarebbero mossi anche molti uomini vicini al presidente del Consiglio. Dragasakis ha provato a gettare acqua sul fuoco: «A questo punto dei negoziati c’è bisogno di collaborazione piena e creativa tra l’esecutivo e Syriza – ha postato su Facebook – . Lavoreremo assieme per arrivare assieme a una soluzione positiva».
Se il buongiorno si vede dal mattino, è chiaro che per Tsipras non sarà facile nei prossimi giorni far quadrare il cerchio, accontentando i creditori – senza i cui soldi Atene rischia di finire prestissimo in default – e la minoranza del partito. La Grecia ha confermato ieri di aver accelerato le trattative per completare la privatizzazione del Pireo ai cinesi della Cosco. Un ramoscello d’ulivo teso a Bruxelles.
L’obiettivo rimane quello di arrivare a un piano di riforme condiviso entro pochi giorni, massimo fine maggio, da sottoporre all’approvazione del Parlamento ellenico e nelle altre aule della Ue dove per Costituzione è previsto un via libera a intese di questo tipo. Una lista di Paesi - Germania e Finlandia in testa – non proprio tenerissimi con le ultime scelte di Tsipras.
A scandire i tempi, come sempre in queste ultime settimane, è la drammatica crisi di liquidità. Il governo ha pagato regolarmente ieri stipendi e pensioni dovuti a metà mese. Ma molte organizzazioni pubbliche (come quella che stanzia le agevolazioni per gli agricoltori) sono rimaste a secco di fondi «per motivi tecnici». Atene in realtà ha pochi spiccioli in tasca. E già da qualche mese ha messo in stand by tutti i pagamenti non necessari, chiedendo persino ad ambasciate e consolati di rimpatriare tutta la liquidità che hanno in cassa.
Le uscite dello Stato si sono ridotte di 1,5 miliardi nei primi mesi del 2015, una scelta necessaria per mantenere in equilibrio i conti ma che sta soffocando decine di fornitori della pubblica amministrazione che non riescono a incassare i soldi che deve loro lo Stato. Tsipras non a caso ha fretta di chiudere e vuole che il caso della Grecia finisca sul tavolo di un summit Ue la prossima settimana a Roga. «Noi abbiamo fatto la nostra parte, ora tocca ai creditori fare qualche passo verso di noi», ha ribadito. Sperando siano passi sufficienti a convincere pure l’ala più radicale di Syriza.