sabato 16 maggio 2015

Repubblica 16.5.15
Agnese Renzi ci prova, ma il suo liceo è un fortino del no
di Massimo Vanni


FIRENZE . Non parlate di “Buona scuola” ai colleghi di Agnese, la first lady. Trovare un prof che plauda alla riforma voluta da suo marito Matteo Renzi, al liceo scientifico Ernesto Balducci di Pontassieve, poco lontano dalla casa del premier, è quasi una “mission impossible”. Non che ci fossero molte speranze, in un istituto dove gli Unicobas sono il primo sindacato e dove si è scioperato con oltre l’80% delle adesioni. Agnese però, che sfila puntuale sotto la barra d’ingresso sulla sua Volkswagen Sharan, non si è data per vinta: nell’assemblea sindacale è pure intervenuta per sostenere le ragioni della riforma. Ma perfino il blocco degli scrutini, nonostante le minacce di precettazioni, non è ancora un capitolo chiuso. «All’inizio non mi sembrava così male, il piano assunzioni e il rapporto col mondo del lavoro mi parevano cose interessanti. Pure sui presidi manager non sono così negativa, anche se in Italia non c’è la cultura», dice Elisabetta Vatteroni, docente d’inglese. «Sono però sobbalzata sui finanziamenti alla scuola privata, perché quella pubblica deve venire prima di tutto», aggiunge la prof iscritta al Gilda. «Ci sono cose positive, ma sulla valutazione degli insegnanti non ci siamo: non si può pensare di farla col minimo dei costi, affidandola al preside, si formino piuttosto dei valutatori. Si dice sempre che gli insegnanti non vogliono cambiare ma è il governo ad avere un atteggiamento chiuso, a rifiutare il dialogo », sostiene Gabriella Torano, che insegna italiano e latino.
«Il nome? Meglio di no», dice un prof di educazione fisica, ex Cgil. «Ma il preside che decide tutto proprio non va: come si fa a giudicare un docente? Non siamo al tornio, dove puoi misurare i pezzi e vedere se sono fatti bene. C’è il rischio che si vada per simpatie, che si crei competizione dove dovrebbe esserci solo collaborazione», aggiunge. Fabrizia De Lorenzi che insegna scienze umane, è «assolutamente contraria». Motivo? «Sono contraria alla scuolaazienda e poi capisco l’esigenza della valutazione ma attribuirla ai presidi è assurdo: non hanno una specifica formazione». Docente d’italiano e dirigente Unicobas, Federico Gattolin è ancora oltre. Perché il punto, spiega, non è come si valuta: «La valutazione come accesso ad un migliore o peggiore stipendio è inaccettabile. È solo il potere del merito e io rifiuto la logica meritocratica». E poi: «Questa riforma è l’attacco più organico alla scuola che abbia mai visto e la reazione si spiega con la difesa della propria dignità ».
Precaria come Agnese, Catia Caroti vede una luce: «Almeno c’è l’assunzione dei 100mila precari, anche se non si è capito bene come saremo reclutati», dice la prof che insegna inglese. Federico Petrucci, impegnato nel tirocinio formativo attivo necessario per accedere al concorsone, non è invece convinto: «Peccato, speravo proprio che si aprisse qualche possibilità in più». Franco Banchi, storia e filosofia, ne è certo: «Così com’è la riforma non funziona, la scuola non è un ministero. E Renzi può pagarla cara alle regionali».