sabato 16 maggio 2015

Repubblica 16.5.15
Gianni Cuperlo
“La legge sulla scuola è una innovazione a metà, non puoi farla contro docenti e studenti”
“Riforma senza coraggio se il premier stavolta dialoga allora la cambi con noi”
di Annalisa Cuzzocrea


Un piano per tutti i precari e vanno riviste le chiamate nominative e il 5 per mille
Fassina se ne andrà?
Spero ci ripensi. Di certo nel Pd serve una sinistra, soprattutto a Renzi

ROMA Ha passato il pomeriggio a parlare con gli insegnanti che protestavano a piazza del Pantheon, Gianni Cuperlo. «Era giusto esserci», dice prima di tornare alla Camera a votare. Perché la riforma della scuola - secondo il leader di Sinistradem deve cambiare. E perché la sinistra del Pd «serve a Renzi prima di tutto».
Quali sono le modifiche necessarie per approvare questa riforma?
«Stabilizzare 106mila docenti e investire oltre 3 miliardi sull’edilizia è un fatto importante, ma è ovvio che si deve affrontare il tema degli abilitati di seconda fascia. Non puoi dire a persone che insegnano da anni e con professionalità “scusateci ma dovete tornare alla casella di partenza”. C’è un’assenza di coraggio che emerge prima di tutto nel metodo ».
Quale?
«I padri costituenti avevano ipotizzato la scuola come un organo costituzionale al pari di Parlamento e magistratura. Anche per questo ogni riforma deve coinvolgere i soggetti che dovranno tradurla. Come puoi pensare di cambiare la scuola “contro” l’opinione della maggioranza di insegnanti e studenti?».
Non crede alla volontà di dialogo del governo?
«La dimostri. Le piazze non si sono riempite di tradizionalisti o gente disinformata. Il timore, fondato, è che si smarrisca il carattere universalistico dell’istruzione ».
Si può migliorare?
«Sì, ora alla Camera e poi al Senato, ma serve la volontà. Sui precari, con un piano pluriennale di assunzioni compatibile con la finanza pubblica e il percorso parallelo dei nuovi concorsi. Sul 5 per 1000 invertendo le percentuali: l’80 per cento al fondo di perequazione e il 20 alla contribuzione diretta. Almeno se vogliamo evitare che il dumping tra le scuole ricche e le altre aumenti ancora. Sulle superiori parificate l’invito è a rileggere la Costituzione. Infine va rivista la chiamata nominativa da parte del preside, perché qui entra in gioco un altro principio costituzionale: la libertà e autonomia dell’insegnante che dovrà essere valutato da chi ha titoli e competenze per farlo».
Cosa farete se la riforma non cambia?
«L’autogestione».
Sia serio, la voterete o no?
«Noi il testo vogliamo migliorarlo davvero. Alla fine giudicheremo il risultato». Su Jobs act e Italicum siete stati sconfitti. Non teme una marginalizzazione della sinistra nel partito?
«Quel che temo non è una minoranza irrilevante, ma un partito della Nazione che per vincere sacrifica una parte di sé». Lei fa parte della sinistra masochista di cui parla Renzi?
«Ho visto che nel concetto ha assemblato Miliband a Londra e Pastorino a Bogliasco. A Renzi lo ripeto con garbo: se pezzi del Pd guardano altrove è un problema anche tuo. Forse la sinistra masochista è quella che per espandere il consenso non ha scrupoli a stringere accordi con degli impresentabili o con pezzi della destra. Potrai anche vincere nelle urne, ma a quale prezzo?».
Civati è andato via, Fassina lo farà. Che ne pensa?
«Vorrei davvero che Stefano ci ripensasse. L’uscita di Pippo per me è una sconfitta del Pd che avevamo immaginato e oggi non c’è. Vedo anch’io che allo sportello del renzismo c’è gente in coda e parecchi ricevono premi e coccarde. A me preoccupa di più il flusso di chi prende l’uscita senza luminarie e clamori».
Lei resta?
« Per anni ho pensato che stare in questo partito fosse un destino. Ora sento che quell’appartenenza va costruita giorno dopo giorno. È un onere ma anche una sfida. Non ritengo Renzi un usurpatore. Al contrario, gli chiedo di fare lo statista e non il capo. Mi guardo attorno e vedo troppe rotture, troppi muri alzati, non verso le minoranze interne ma verso pezzi di società e di popolo. È questa la ragione profonda di una sinistra nel Pd. È qualcosa che serve prima di tutto al premier. Appena passo da Palazzo Chigi lo scrivo sulla lavagna».