Repubblica 15.5.15
L’ex ministro Carrozza
“Insegnanti discriminati ora sono uno contro l’altro”
intervista di C. Z.
ROMA È tornata a occuparsi di ricerca, Maria Chiara Carrozza, professore di bioingegneria industriale a Pisa, ministro dell’Istruzione (bersaniano) del governo Letta. Parlava poco da ministro e, ora che è deputata del Pd, limita ancora più gli interventi. Rientrando da un convegno a Belgrado, accetta di esprimersi sulla “Buona scuola”. Dice subito: «Va sottolineato, per prima cosa, che ci sono centomila assunzioni e tre miliardi di investimento. Questi sono fatti e vanno attribuiti al governo Renzi. Rischiano di passare inosservati di fronte al dibattito infuocato di questi giorni».
Perché, secondo lei, il dibattito si è acceso così?
«Credo che la scelta delle assunzioni abbia messo una categoria contro l’altra. È un fatto, anche questo, che la nuova legge sulla scuola, non la chiamerei riforma, discrimina tra i vari gruppi di aspiranti insegnanti ».
Gae, seconda fascia, idonei di concorso, tirocini formativi. Si può, secondo lei, uscire da questo ginepraio senza fare torti?
«Probabilmente no. Assumere seicentomila precari non è pensabile, ma si dovevano rispettare alcune categorie a cui lo Stato italiano ha promesso l’assunzione. Non è che con il cambio di governo quelle regole non valgono più».
A chi pensa?
«A chi ha fatto, pagando, nelle università italiane, tirocini formativi attivi e simili».
Lei come si sarebbe comportata?
«Avrei tutelato queste categorie e mi sarei affidata ancora una volta alla regola del cinquanta e cinquanta: metà docenti entrano in ruolo per concorso e metà dallo scorrimento delle graduatorie storiche».
È stata il penultimo ministro dell’Istruzione e quindi ci può dire se la struttura ministeriale legifera sulla base di dati certi.
«I dati ci sono, vanno utilizzati nel modo migliore».
Usciamo dall’impasse assunzioni: che cosa pensa dell’intero disegno di legge “La buona scuola”?
«Credo che manchi nella sua parte propositiva, didattica, innovativa. Ho letto delle nuove materie inserite, quelle rafforzate, ma sono fondamentalmente umanistiche e nell’insieme non si è fatto abbastanza ».
Che cosa si sarebbe dovuto fare, invece?
«Il paese è indietro, i nostri ragazzi hanno un ritardo di preparazione che va rapidamente colmato. La distanza più grande, e più grave, è sulle matematiche, lo dicono tutti i test. Dobbiamo crescere nell’informatica, nelle materie scientifiche. L’alta disoccupazione giovanile non si risolve con l’alternanza scuola-lavoro, non può bastare. I ragazzi vanno preparati di più e meglio. E tutto questo va fatto in fretta, il mondo che è fuori non sta a guardare i nostri dibattiti sulla Buona scuola. Va avanti».