mercoledì 13 maggio 2015

Repubblica 13.5.15
Un giudice a Grillo, il Pd offre un patto per riempire i vuoti della Consulta
Plenum incompleto da quasi un anno e il Parlamento non ha ancora in agenda le nomine. Renzi pensa al bis del Csm
di Liana Milella


ROMA Alla Consulta un giudice indicato da M5S. Per la prima volta nella storia della Corte e della politica. Per sbloccare l’assurda impasse nella nomina di due alte toghe costituzionali. Che stanno per diventare tre non appena, il 5 luglio, scadranno anche i nove anni di Paolo Maria Napolitano. Un’altra poltrona che, sulla carta, dovrebbe toccare a Forza Italia, come quella dell’ex giudice ed ex vice presidente della Corte Luigi Mazzella. Peccato che, per colpa delle lacerazioni politiche dentro Forza Italia, siano passati ben 319 giorni da quando Mazzella ha lasciato il suo posto — era il 28 giugno 2014 — senza che Berlusconi sia riuscito a imporre ai suoi, squassati da lotte intestine e annunciate diaspore, un candidato da votare a Camere riunite.
Non sono bastate 21 votazioni, quelle che il 6 novembre dell’anno scorso hanno portato ad eleggere Silvana Sciarra, la candidata del Pd. Niente da fare invece per l’ultima proposta di Forza Italia, Stefania Bariatti, un’esperta di diritto internazionale. Ennesimo flop dopo quelli, nell’ordine, dell’ex presidente Anti-trust Antonio Catricalà, del senatore Donato Bruno, dell’ex avvocato generale dello Stato Ignazio Francesco Caramazza, tutti impallinati dal gruppone forzista che, tra mille divisioni, avrebbe voluto mandare alla Corte un parlamentare come Bruno, costretto però al passo indietro da un’inchiesta giudiziaria e comunque privo dei numeri necessari pur dopo molte votazioni.
Incredibilmente, eletta Sciarra, il Parlamento si è “dimenticato” che la Corte era sotto di un giudice. Quasi che la mancanza di un’alta toga fosse da considerare un fatto ordinario. Poi, a febbraio, ecco l’elezione al Quirinale di Sergio Mattarella, entrato alla Corte nel 2011 ed eletto dal centrosinistra. Sono passati 100 giorni da quel momento, i giudici sono scesi a 13, ma anche stavolta le Camere non hanno affatto reagito. Due mesi dopo una convocazione andata a vuoto, e poi il nulla. Se adesso in Transatlantico chiedi quando si vote terà per nominare i giudici della Corte costituzionale la risposta annoiata è un «ah... i giudici... ma se ne parlerà dopo le amministrative ». Come se fosse un fatto normale.
Ma a palazzo Chigi invece si sta già facendo strada una strategia. Quella di ripetere la stessa operazione che è stata fatta con il Csm e con i grillini. Che ha consentito di eleggere, nello stesso pomeriggio, sia la giuslavorista Sciarra con 630 voti, ma anche il professor Alessio Zaccaria indicato da M5S dopo una consultazione on-line ed eletto al Csm con 537, ben 88 voti oltre il quorum necessario. «Facciamo con la Corte come abbiamo fatto col Csm, perché è l’unica via per uscire dal questo guazzabuglio» si sente ripe- nell’entourage stretto di Renzi. Il Pd sceglie il suo nome per sostituire Mattarella, a Forza Italia resta un solo giudice, il sostituto di Mazzella, quello che aspetta da 319 giorni, mentre l’altro, il successore di Napolitano, verrebbe proposto ai grillini, in una logica di pesi e di effettiva rappresentanza politica. Come ha accettato l’anno scorso, il partito di Grillo sicuramente chiederà in cambio un nome “votabile”. Le trattative non sono ancora partire, i nomi sono del tutto in alto mare, anche perché l’idea di scegliere in blocco i tre nomi richiede di avvicinarsi temporalmente al giro di boa del prossimo giudice, Napolitano che va via all’inizio di luglio. Giugno potrebbe essere il momento buono, subito dopo la tornata amministrativa. Un accordo chiuso, pochissime votazioni, nessuno spettacolo parlamentare negativo come quello andato in scena nell’autunno scorso.
Un fatto è certo. La Corte non può restare con 12 giudici. Potrebbe ancora lavorare, ma il suo equilibrio sarebbe a rischio, come dimostrano le polemiche sulla sentenza per le pensioni, con 12 giudici presenti e una spaccatura esattamente a metà, in cui è stato determinante il voto del presidente Alessandro Criscuolo. Proprio Criscuolo, nell’annuale e rituale conferenza stampa di bilancio dell’anno precedente, ha ricordato al Parlamento la necessità di nominare i giudici scaduti. Ma anche in quel caso, da Senato e Camera, non è arrivato neppure un fiato.