domenica 10 maggio 2015

Repubblica 10.5.15
La Divina matematica di Dante
di Piergiorgio Odifreddi

LUNEDÌ scorso sono iniziate le celebrazioni del 750esimo anniversario della nascita di Dante, con una cerimonia a Palazzo Madama: singolarmente, per un poeta ipercritico dello Stato e della Chiesa, alla presenza del presidente della Repubblica italiana Mattarella e del ministro della Cultura vaticana Ravasi.
Benigni ha recitato e commentato “l’ultimo del Paradiso”: un canto che si chiude con un parallelo tra il poeta e il matematico, che «tutto s’affige per misurar lo cerchio, e non ritrova, pensando, quel principio ond’elli indige». Ma non è questo l’unico riferimento alla matematica nella Divina Commedia.
Nel Paradiso Dante cita infatti due teoremi: «del mezzo cerchio far [non] si puote triangol sì ch’un retto non avesse», e «veggion le terrene menti non capere in un triangol due ottusi». E allude anche all’esplosione esponenziale, dicendo delle faville dei cerchi angelici che «eran tante che ’l numero loro più che ’l doppiar degli scacchi s’immilla».
Ma è soprattutto nella forma conica a sezione triangolare equilatera dell’Inferno, studiata in due lezioni da Galileo, e in quella ipersferica del Paradiso, scoperta solo nel Novecento, che la matematica appare come struttura stessa dei regni dell’aldilà. A riprova del fatto che ci sono più cose nel cielo e nella terra danteschi, di quante se ne immagino gli umanisti.