La Stampa 9.5.15
Nella ex caserma occupata prove di “coalizione sociale”
Landini e Civati sposano il “laboratorio Torino”
di Giuseppe Salvaggiulo
Una caserma torinese di fine ’800, sede della polizia politica fascista nel 1943 con centinaia di partigiani torturati e fucilati, sede di uffici per l’Olimpiade del 2006, rifugio per profughi nel 2009, poi definitivamente abbandonata. Ora, occupata da tre settimane da un collettivo promosso da Terra del Fuoco, associazione legata a don Ciotti, e allargato a una platea vasta e tutt’altro che estremista, rappresenta il primo esperimento di «coalizione sociale» vagheggiata da Landini in quello che Civati ha definito «lo spazio sconfinato fuori dal Pd». Non è un laboratorio politologico ma sociale, ispirato alla sinistra greca di Tsipras. Nei prossimi giorni sfocerà in un manifesto nazionale con intellettuali, associazioni culturali, sindacati, politici. Non a caso i primi a sposarlo sono stati proprio Landini e Civati.
Il luogo è stato scelto perché carico di storia e altamente simbolico. Lo stato di abbandono penoso. Dal punto di vista giuridico, dopo la vendita dal Demanio alla Cassa Depositi e Prestiti (27 mila metri quadri di superficie a 300 euro al metro quadro), è in attesa di trasformazione urbanistica. Ai primi di aprile, l’associazione Terra del Fuoco chiede di poter ripulire la targa sul muro di fucilazione dei partigiani per celebrare il settantesimo anniversario della Resistenza. Destinatari della lettera la Cdp e Fassino, che ne è consigliere di amministrazione oltre che sindaco di Torino.
In assenza di risposta, il 18 aprile quaranta ragazzi scavalcano i cancelli e occupano. La risposta del Pd è dura, con la minaccia di tagliare i contributi pubblici all'associazione, aderendo a una richiesta della Lega. Ma l’occupazione prosegue. La targa viene mondata dalla polvere che negli anni l’aveva sepolta. E altri 500 metri quadri vengono ripuliti e destinati a varie funzioni: tre mostre sulla Resistenza, sala convegni e dibattiti (con un ricco programma nei giorni del Salone del libro, aperto da Ugo Mattei e chiuso da Matteo Pericoli), cineforum, teatro, biblioteca di quartiere, orto e spazio giochi per bambini, presto sala studio aperta 24 ore su 24, mensa popolare e mini-alloggi per sfrattati causa morosità incolpevole (Torino ne ha registrati 4000 l’anno scorso).
Contemporaneamente, il progetto politico prende forma. Arrivano Landini e Civati oltre al vendoliano Fratoianni, anche Susanna Camusso manifesta interesse, aderiscono i segretari provinciali di Cgil e Cisl e diverse associazioni, si mobilitano docenti universitari, decine di intellettuali come Beatrice Merz, Carlo Petrini e Marco Aime, il presidente dei giovani della comunità ebraica e la Chiesa valdese, si entusiasmano partigiani come Bruno Segre. In tre settimane, quasi 5 mila persone passano dalla caserma Lamarmora. Al pranzo del primo maggio 600 persone. E i volontari si quadruplicano. Lunedì il comitato che si è nel frattempo costituito incontrerà Fassino, quindi riferirà in un’assemblea.
L’idea è di diventare un laboratorio nazionale. Teoria della prassi, si diceva un tempo. Se mai la coalizione sociale smetterà di essere una suggestione, potrebbe partire da qui.