sabato 23 maggio 2015

La Stampa 23.5.15
Volontari, petrolio, nemici divisi ecco perché il califfato si espande
Finanziamenti e uomini continuano ad arrivare, Assad è indebolito, i sunniti iracheni temono l’influenza iraniana
Nove mesi di raid americani non sono bastati. Chi avrà la forza di mandare le truppe di terra?
di Maurizio Molinari


Perché il Califfato sta vincendo in Siria ed Iraq?
Per tre motivi convergenti. Primo: il nemico contro cui lo Stato Islamico (Isis) si batte sono gli eserciti governativi di questi due Paesi ed entrambi sono in pessime condizioni. Secondo: fra le tribù sunnite il sostegno per Isis è in crescita perché la diffusa percezione è che sia l’unica loro difesa dalle potenti milizie sciite sostenute dall’Iran. Terzo: la motivazione dei jihadisti sunniti è molto alta, vanno incontro al fuoco senza paura di morire perché imbevuti di un’ideologia che santifica il martirio.
Perché i raid della coalizione non riesconoa indebolirlo?
Oltre 6000 raid aerei, in gran parte compiuti dagli Stati Uniti, hanno distrutto centinaia di mezzi militari, edifici ed accampamenti ma sono in difficoltà nell’identificare le cellule di Isis perché si muovono in piccoli gruppi che ai satelliti appaiono come civili, a piedi, in auto o sui cammelli. In alcuni casi Isis è stata abile a proteggere gli spostamenti facendosi schermo con le tempeste di sabbia. Ma ciò che più conta è che nelle battaglie di terra, in zone urbane come Ramadi o Palmira, gli aerei possono poco se non sostengono truppe ben addestrate. A Kobane, in Siria, Isis è stato sconfitto perché i raid alleati erano coordinati sul terreno con i peshmerga del Kurdistan.
Perché il ferimento del Califfo e l'eliminazionedi alcuni leader non frena Isis?
Perché «Daesh», acronimo arabo per Isis, si autoalimenta con l’ideologia jihadista. Non è un’organizzazione terroristica classica, con gerarchie e catene di comando, bensì un gruppo di persone convinte nella necessità di usare la violenza più efferata sul prossimo per realizzare un’unica Jihadland, dal Pakistan al Marocco. Uccidere i leader serve a poco: ne emergono subito altri. A ben vedere anche il Califfo Abu Bakr al-Baghdadi non ha il carisma di Bin Laden o al-Zawahiri, i leader di Al Qaeda. La forza sta nell’ideologia, capace di riprodursi ovunque.
Isis si sta rafforzando anche in Libia?
L’occupazione della «Sala Ouagadougou» di Sirte, dove Muammar Gheddafi ospitava i leader africani, dà la misura del rafforzamento di Isis in Libia. Se Derna è la roccaforte in Cirenaica e Bengasi è la città dove i jihadisti si muovono più facilmente, l’insediamento a Sirte svela un rafforzamento sul territorio confermato dal controllo di almeno una ventina di pozzi di greggio da cui Isis ottiene circa 200 mila barili al giorno. E’ l’afflusso di volontari da Tunisia, Egitto, Yemen e Sudan a rafforzare le cellule locali che hanno trovato in Libia una situazione favorevole per espandersi perché i due governi rivali, a Tobruk e Tripoli, creano una situazione di guerra civile endemica assai simile a quella siriana.
Quali altri Stati sono nel mirino del Califfo?
Anzitutto il Libano. La battaglia di Qalamun, iniziata il 6 maggio, continua perché Isis vuole sconfinare nella Valle della Bekaa per colpire le roccaforti Hezbollah, che alimentano il regime di Assad, spingendo i sunniti alla rivolta. Poi la Giordania, che oramai ha due confini con il Califfato, a Nord ed Est. E l’Arabia Saudita, come testimonia l’attentato di ieri alla moschea sciita di Qatif. Ma l’obiettivo più ambizioso è in Afghanistan-Pakistan con il gruppo «Khosaran», i taleban che hanno abbandonato il Mullah Omar per seguire il Califfo nella guerra genocida agli sciiti.
Chi e cosa può fermareil Califfato?
Le truppe del Califfato sono molto motivate ma non numerose: un intervento di terra da parte di un esercito ben strutturato potrebbe spazzarle via. Ma nessun Paese vuole farlo. Usa ed europei temono di impantanarsi, i Paesi arabi vedono il rischio di un effetto-boomerang ai loro danni e la Turchia, che dispone di un esercito formidabile, ha come priorità la caduta del regime di Bashar Assad, non la sconfitta del Califfo.
Ci sono degli Stati che in segreto aiutano il Califfo?
Nelle capitali del Medio Oriente è il tema più discusso. I sospettati sono numerosi ma ciò che colpisce è come il più citato sia la Turchia di Erdogan. Perché è attraverso il suo territorio che Isis riceve volontari e vende illegalmente greggio. Nonostante le proteste internazionali e le secche smentite di Ankara.