giovedì 21 maggio 2015

La Stampa 21.5.15
Riforma scuola, sì della Camera
La battaglia si sposta in Senato
Governo soddisfatto, ma Bersani e una trentina del Pd non votano
di Carlo Bertini


La «Buona Scuola» con 100 mila assunzioni e i presidi-manager passa il primo giro di boa alla Camera e lo passa anche bene vista con gli occhi di Renzi, dato che il numero simbolico di 316 sì vuol dire che il governo strappa la maggioranza assoluta su una delle riforme cardine del suo programma. Ma se i 137 no di Sel, Lega, 5Stelle e Forza Italia sono scontati, al premier certo non fa piacere che una trentina di deputati della minoranza anche questa volta non votino, dopo aver disertato l’ok all’Italicum e al jobs act. Un problema politico per il governo. Per i ragazzi invece gli esami sono salvi, malgrado le proteste: nessun blocco degli scrutini, esami di terza media e maturità garantiti, assicura l’Autorità di garanzia, cui sono pervenute le proclamazioni dei sindacati autonomi di due giorni di sciopero dopo la chiusura delle scuole.
La sinistra non si arrende
Ora la partita si sposta a Palazzo Madama, dove la minoranza Pd ha un asset prezioso, una ventina di voti che possono fare la differenza perché cruciali per far passare o meno la legge. In sintonia con una lettera di Cuperlo, Speranza e una cinquantina di deputati, i senatori preparano sfilze di emendamenti sulla chiamata diretta degli insegnanti da parte dei presidi, sui precari di seconda fascia rimasti esclusi dal piano assunzioni, sulle «detrazioni fiscali garantite anche alle private e parificate che sono in gran parte dei diplomifici», per dirla con Miguel Gotor. «Riaffronteremo alcuni punti», promette la Boschi, che terrà le fila della trattativa finale, quella più difficile. Renzi fissa i punti fermi. «La scuola non sia terreno di scontro. Il blocco degli scrutini? Sarebbe un errore clamoroso. Di cosa si lamentano i sindacati che non scioperarono con la Fornero? Che mettiamo 3 miliardi nella scuola? Noi vogliamo presidi che non siano sceriffi o passacarte ma che si prendano più responsabilità».
Tempi contingentati
La prossima settimana dunque si lavora in Commissione al Senato, la corsa contro il tempo scatta da qui al 15 giugno, entro quella data va approvata la norma che contiene l’assunzione di 100 mila precari, oltre a una serie di novità non da poco. Che scatenano le proteste dentro e fuori il palazzo, dove i Cobas della scuola fin dalla mattina si fanno sentire con un sit in rumoroso davanti alle finestre di Montecitorio. «Con il voto di oggi non si conclude la battaglia», avverte minacciosa la Camusso.
Schiaffi e urla
Nell’emiciclo scene di ordinaria protesta: il coro di Sel «Scuo-la-pub-blica», i 5Stelle che coprono i loro banchi di lettere cubitali con la scritta «Fuori il Pd dalla Scuola». Dei big solo Enrico Letta arriva e vota sì, Bersani e Bindi non ci sono. L’aria si surriscalda quando termina il voto e tutti escono: rissa sfiorata tra un deputato grillino, Tofalo e uno del Pd, Marracu, sulle scale che portano ai bagni. Lo denuncia il pddì Miccoli in aula,Tofalo nega ma la Boldrini dispone un’indagine sull’episodio. Fuori al sit in volano i fischi, «uscite dal Pd», urlano i Cobas a Fassina che esce a sostenere la lotta di professori e studenti. «I sindacati hanno il diritto di portare fino alle estreme conseguenze la loro battaglia», infiamma gli animi il leader di Sel, Nichi Vendola. Solo dopo che chiuderanno le scuole, la riforma riceverà il timbro finale.