La Stampa 1.5.15
Violante: le riforme di Renzi non sono quelle di noi saggi
“È il governo del premier. Senza contrappesi si rischia”
di Jacopo Iacoboni
In questi giorni è un continuo evocare «i saggi di Napolitano», oppure «la Commissione per le riforme». Per usarli. Sia “i saggi”, sia la Commissione istituita da Enrico Letta, scrissero testi importanti su legge elettorale e riforma costituzionale. I testi li stese materialmente, in entrambi i casi, Luciano Violante.
Violante, sostengono Ceccanti e Barbera che le linee principali della legge elettorale sono le stesse che scriveste voi «saggi».
«Le leggi elettorali non vanno considerate da sole perché sono parte essenziale della forma di governo. Il mix tra legge elettorale e riforma costituzionale, nelle attuali proposte di maggioranza, ci fanno passare da un “sistema parlamentare razionalizzato” al “governo non parlamentare del primo ministro”. È un modello diverso, dal punto di vista costituzionale e politico. Senza idonei contrappesi può diventare un modello preoccupante ».
Ha ragione Enrico Letta nella sua lettera alla Stampa?
«Letta ricorda giustamente che c’è differenza tra una commissione di esperti, e il Parlamento».
Renzi ci ha scritto: sono stato costretto alla fiducia, altrimenti finivo preda della melina della minoranza. Letta sostiene che su una legge così cruciale bisognava andare avanti il più possibile «insieme». Del resto, aggiungerei, anche Renzi lo diceva, mesi fa. Che ne pensa?
«La fiducia sulle leggi costituzionali e su quelle elettorali non andrebbe mai messa, come del resto scrive chiaramente la Commissione».
Scriveste: «Una legge così delicata deve essere sottratta al capriccio delle maggioranze occasionali».
«Appunto. C’è stato anche un eccesso di emendamenti, e di furbizie, da parte di alcuni partiti di opposizione. Quando l’opposizione parlamentare abusa dei propri diritti è inevitabile che la maggioranza abusi dei propri poteri».
Il premio di maggioranza è al 40%, mentre - voi lo scrivete - chiedevate una soglia più alta. La soglia di accesso del 3% è troppo bassa, voi indicavate il 5.
«E’ così. Ma ribadisco che il problema principale è il cambiamento della forma di governo e la necessità di costruire forti contrappesi parlamentari».
Ora non è tardi? Quali contrappesi si possono introdurre a un Senato concepito con pochi senatori, non eletti, e senza veri poteri fiduciari, né di revisione dei conti?
«Renzi ha fatto qualche positiva apertura a modifiche. A mio avviso dovrebbe trattarsi di un aumento dei poteri di controllo del Senato e del riconoscimento di effetti più incisivi alle proposte di iniziativa popolare».
Renzi si riferisce solo al sistema di elezione dei senatori, non ai poteri.
«Parrebbe. Ma se non si interviene corriamo il rischio che vengano trasformati in contropoteri i “poteri neutri”, come il capo dello Stato e la Corte costituzionale. Uno snaturamento che nessuno si augura. Credo nemmeno il premier».
Cosa si potrebbe, o si sarebbe potuto, fare?
«Introdurre la sfiducia costruttiva; ma un emendamento del genere è stato respinto dalla maggioranza. Segno che la linea era quella del governo “non parlamentare” del primo ministro. Le accuse del ritorno al fascismo sono ridicole; ma questa inedita forma di governo necessita, per restare nel solco costituzionale, di idonei contropoteri. Noi proponevamo inoltre una diversa proporzione tra i parlamentari: 450-480 deputati, e 150-200 senatori. Invece, i senatori sono troppo pochi e i deputati sono troppi».
E sui capilista nella legge elettorale, o sulle candidature plurime, che idea ha?
«Sui capilista io non faccio una tragedia. Ma se si accettano candidature in più collegi, serve una norma per obbligare il candidato “plurimo” a essere eletto dove ha il coefficiente più alto. Altrimenti spetta a lui scegliere chi è eletto, con inevitabili ulteriori distorsioni».