martedì 19 maggio 2015

La Stampa 19.5.15
“Anch’io fui contestato D’Alema e Veltroni pagarono la loro paura”
Berlinguer: il coraggio porta anche consensi
intervista di Giuseppe Salvaggiulo


«Chi non cambia muore. Tutto cominciò allora, le cose capitali accaddero allora», dice Luigi Berlinguer, ministro dell’Istruzione con Prodi e D’Alema dal ’96 al 2000, contestato anche da sinistra.
C’è continuità tra le sue riforme e quella di Renzi?
«Il cambiamento, già realizzato in Paesi più avanzati, sta nel superamento di due nodi: la natura trasmissiva dei saperi, che va sostituita con quella partecipativa, e la presunzione di una scuola senza l’arte, che coltiva solo la ragione. Nei miei anni queste idee hanno persino ottenuto l’approvazione di leggi importanti come l’autonomia e non si può negare che incarnino il cambiamento proposto da questo governo».
Dunque riforma di sinistra?
«Certo. Bloccarla è una scelta di destra. Lo dice non un renziano, ma uno che ha imparato la politica nel Pci».
Qual è la sua chiave di lettura del dibattito di questi giorni?
«Di questi punti non tiene conto il dibattito, incentrato tutto su autorità e democrazia o su altre questioni marginali».
E l’opposizione sindacale?
«Distinguo. I Cobas che vogliono buttare tutto a mare, va battuta energicamente. Le grandi organizzazioni confederali fortunatamente non chiedono il ritiro della legge».
Perché una riforma suscita sempre tante opposizioni?
«Anche questa volta l’ispirazione di un cambiamento radicale è stata offuscata da una visione estetica, propria di molti cultori e docenti».
Che cos’è la visione estetica?
«Bisogna fare provvedimenti carini, ben detti, “culturalmente corretti”. Tanti amici e colleghi hanno questa sensibilità a scapito della sostanza».
E la sostanza qual è?
«Per fortuna la Camera ha sensibilmente modificato il testo originario del governo, a partire dal punto più delicato, quello dei presidi. Benvenute tutte le misure che possono evitare degenerazioni autoritarie o clientelari, ma bisogna evitare rappresentazioni false e ideologiche».
L’opposizione alla riforma di Renzi ha similitudini con quella che si contrappose alla sua?
«Allora l’opposizione era meno preparata, io feci quasi 200 provvedimenti cambiando anche la maturità e non ci fu uno sciopero. La prima reazione, fortissima, fu sulla valutazione del risultato dei docenti».
Come si regolò?
«Ritirai il provvedimento».
Fu una sua scelta?
«Il mio partito ebbe paura. D’Alema e Veltroni in testa. Qui perdiamo voti, mi dissero. Quando si dimise D’Alema, sostituirono anche me. Col tempo s’impara che è vero l’esatto contrario: se non si ha coraggio si perdono i voti. Allora vinse la paura e ora tutta questa roba sta tornando a galla».
Come giudica l’atteggiamento di Renzi?
«Vuole arrivare in porto, evitando che la legge venga accantonata o stravolta. Ma a differenza di altri casi, è cauto nella gestione parlamentare, tanto che la maggioranza l’ha in gran parte riscritta».