domenica 3 maggio 2015

Il Sole Domenica 3.5.15
Funzioni cerebrali
I neuroni della cultura
Il cervello grazie ai processi evolutivi ha sviluppato la facoltà d’incorporare la storia, ma lo fa senza seguire un disegno intelligente
di Jean-Pierre Changeux


Esiste un aspetto fondamentale delle funzioni cerebrali umane: la loro capacità di “incorporare” la storia. Questa attitudine non è molto (o lo è molto poco) condivisa dalle altre specie animali e si trova inscritta nel genoma umano per via della sua storia evolutiva. L’organizzazione del cervello risente dell’ambiente sociale e culturale, del processo storico di socializzazione, del lavoro storico delle generazioni successive. Ma vorrei mettere in rilievo un concetto particolare. Il quadro anatomico e funzionale nel quale tale capacità si sviluppa non è né minimale né razionale e ancor meno ottimale.
Mi spiego. È vero che il cervello si apre all’incorporazione della storia, ma non lo fa né come un pezzo di cera che si modella perfettamente su ciò che avviene, né come una macchina organizzata in modo ideale che cattura il percorso oggettivo della storia. Il cervello conserva, in effetti, nella sua struttura anatomica organizzazioni testimoni di un passato evolutivo irregolare piuttosto che di «una concezione ottimale» sul piano funzionale o di un «disegno intelligente». È così che, sviluppandosi, la corteccia cerebrale ha incorporato e poi spinto verso l’interno architetture limbiche o talamiche che avevano un significato comportamentale maggiore nell’anatomia delle specie che l’hanno preceduta. L’arbitrarietà delle circostanze con le quali l’organismo si è misurato nel corso della sua evoluzione si trova conservata in una sorta di irragionevolezza organizzativa e funzionale della sua architettura cerebrale. L’irragionevolezza è inscritta nei nostri neuroni allo stesso titolo della nostra capacità di ragionare.
Il sovradimensionamento della corteccia cerebrale è stato certamente un modo efficace e rapido di cortocircuitare le antiche strutture e di acquisire nuovi dispositivi senza sconvolgere quelli precedenti, incorporandoli. Ha permesso, per esempio, l’aumento della capacità e delle performance dello spazio cosciente, la capacità di riconoscere i membri di un gruppo sociale, la capacità di imitare e di comprendere le interazioni sociali. Il territorio cerebrale più direttamente interessato da questa evoluzione è stata la corteccia prefrontale, che il neuropsicologo Luria definiva «l’organo della civilizzazione». Ma, per quanto essa sia efficiente, non può occultare totalmente – anzi avviene spesso il contrario – le funzioni delle strutture soggiacenti, più antiche, a volte antagoniste. Potrà tuttavia inibirle in modo selettivo facendo sì che la ragione vinca sull’irragionevolezza.
La storia non è incorporata nel cervello su un terreno vergine. Come sottolinea il sociologo Pierre Bourdieu, le tracce della sua filogenesi sono presenti quanto quelle che derivano dalla storia epigenetica dell’individuo. Le connessioni sinaptiche fra le cellule nervose non si attivano come i circuiti stampati di un computer, ma con un processo di prove ed errori che attiva una serie di selezioni. Il modello proposto non presuppone soltanto un processo di selezione in un’unica tappa, ma un meccanismo locale che si applica ai numerosi circuiti che si interconnettono progressivamente dallo stadio embrionale fino all’adulto, in cui i neuroni e le sinapsi continuano a svilupparsi. Circoscritte dal contenitore genetico della specie, le principale vie nervose si mettono in attività progressivamente nello spazio e nel tempo in modo innato. Ma i primi contatti non si stabiliscono con l’esatta precisione che caratterizza i contatti definitivi. Si produce un’esuberanza transitoria delle connessioni che crea una tappa di sviluppo in cui la diversità e quindi le possibilità comportamentali sono al massimo. In questo stadio, l’attività della rete, spontanea endogena o evocata dall’interazione col mondo interno, stabilisce in modo selettivo le distribuzioni particolari delle sinapsi e ne elimina altre.
Il cervello dell’individuo acquisisce con l’apprendimento dei tratti propri della storia sociale e culturale del gruppo umano al quale egli appartiene. L’epigenesi delle connessioni assicura la genesi della cultura e la sua trasmissione attraverso le generazioni successive. Una disposizione biologica maggiore, ancora una volta eccezionalmente sviluppata nell’uomo, favorisce questa evoluzione: lo sviluppo post-natale prolungato, in cui la proliferazione e l’eliminazione sinaptica proseguono ben al di là della pubertà. Bourdieu, con il suo concetto di habitus, non intende però un automa programmato «dal suo essere condizionabile» dal suo ambiente sociale e culturale. L’habitus «restituisce all’agente un potere generatore e unificatore, costruttore e classificatore». Per esempio, l’attivazione di tracce neuronali che determinano l’uso di una particolare lingua, parlata o scritta, non significa che, se il carattere generativo del linguaggio vi si trova iscritto, tutti i prodotti di questa generatività siano stabilite a priori in esse. Del resto, l’attivazione di dispositivi epigenetici, attraverso la selezione, non implica una stabilizzazione “casuale”.
Le popolazioni di neuroni che “rappresentano” gli oggetti del mondo esterno possono essere stabilizzate da processi di apprendimento per ricompensa. La stabilizzazione selettiva delle prime rappresentazioni labili e fugaci conduce alla selezione delle mappe «delle relazioni funzionali comuni» proprie a un oggetto di senso. Così, per prove ed errori, grazie a continui «giochi cognitivi», il bambino prima e poi l’adulto costruiranno progressivamente l’universo semantico che servirà loro per le comunicazioni sociali. L’«interesse», nel senso utilizzato da Bourdieu, assicurerà pertanto in primo luogo la sopravvivenza dell’individuo messo di fronte al suo ambiente fisico. Quello dell’organismo sottomesso all’imperativo delle sue emozioni primordiali, nel senso impiegato da Denton, che è quello di soddisfare la fame, la sete, la riproduzione sessuale... Poi sarà la sopravvivenza all’interno del gruppo sociale, in cui “il potere simbolico” si sovrappone al precedente senza escluderlo, comunque con interessi differenti. Questi interessi si concentreranno quindi sull’”economia” delle relazioni fra gli individui nel gruppo sociale e in questo modo interesseranno la stabilità e la sopravvivenza del gruppo sociale stesso.
L’interpretazione neurale delle idee di Bourdieu è chiara. Il corpo dipende da processi non coscienti del nostro cervello, presenta alcune disposizioni innate dell’individuo; le aspettative collettive, le rappresentazioni coscienti del nostro spazio di lavoro neuronale, si inscrivono in posizioni. La relazione tra le disposizioni e le posizioni non prende sempre la forma di un aggiustamento miracoloso. Le strutture e i meccanismi dello spazio sociale o dei campi che accedono allo spazio cosciente sono dunque prodotti di una storia che non si ritrova necessariamente nella storia incarnata non cosciente dell’habitus individuale.