Il Sole Domenica 24.5.15
Dopo Stoccolma il premio Abel
Genio delle derivate parziali
John Nash, già Nobel dell’Economia 1994, con Louis Nirenberg vince il prestigioso premio norvegese per la matematica
di Umberto Bottazzini
Due giganti che hanno lasciato un’impronta indelebile sulla matematica del nostro tempo. Non si può dire altrimenti di John Nash e Louis Nirenberg, i due matematici che hanno ricevuto dalle mani del re di Norvegia il prestigioso Premio Abel per il 2015 nel corso di una cerimonia che si è tenuta a Oslo martedì scorso. Istituito dall’Accademia norvegese di scienze e lettere nel 2002 per onorare il genio di Niels Hendrik Abel a duecento anni dalla nascita, quel Premio viene attribuito a matematici che hanno dato eccezionali contributi alla loro scienza, ed è paragonabile al Premio Nobel, non solo per l’ammontare (sei milioni di corone norvegesi pari a circa 750mila euro). Come si sa, il Nobel non viene infatti attribuito per la matematica, anche se non mancano matematici laureati col Nobel per l’economia, come lo stesso Nash nel 1994 per i suoi lavori sulla teoria dei giochi. Contrariamente alla medaglia Fields, attribuita a matematici con meno di quarant’anni, il premio Abel non prevede limitazioni di questo tipo e ha assunto piuttosto il carattere di un riconoscimento alla carriera. E la carriera scientifica di Nash e Nirenberg è stata davvero straordinaria, costellata di premi e riconoscimenti. Altrettanto «straordinari e fecondi» sono stati i loro «contributi alla teoria delle equazioni alle derivate parziali non-lineari e le sue applicazioni all’analisi geometrica», si legge nella motivazione del premio Abel. Sono argomenti che certo suonano esoterici e incomprensibili ai non specialisti. Eppure si tratta di equazioni che regolano i fenomeni fisici più diversi, dal flusso d’aria sotto le ali di un aereo al calore che passa attraverso un metallo, e hanno trovato recenti applicazioni anche nel mondo della finanza. Infatti, «lungi dall’essere confinati alla soluzione dei problemi per cui sono stati concepiti, i risultati ottenuti da Nash e Nirenberg si sono rivelati strumenti utilissimi e hanno trovato formidabili applicazioni in ulteriori contesti». Nei primi anni Cinquanta del secolo scorso Nirenberg, oggi novantenne, ha fornito decisivi contributi alla teoria di quelle equazioni, e ha continuato poi per decenni a lavorarvi, molto spesso in collaborazione con altri, associando il suo nome e quello dei suoi diversi collaboratori a teoremi e risultati fondamentali.
Anche i lavori di Nash ora premiati risalgono a quel periodo. La motivazione iniziale gli era data da problemi relativi allo studio di fluidi viscosi compressibili, e di fenomeni di turbolenza. «I problemi aperti nel campo delle equazioni alle derivate parziali non lineari sono di grande rilievo per la matematica applicata e per la scienza in quanto tale, forse più dei problemi aperti in ogni altra area della matematica, e questo campo sembra in procinto di un rapido sviluppo. Sembra tuttavia chiaro che si devono adottare nuovi metodi», scriveva Nash nel 1958 nel pionieristico articolo Continuity of Solutions of Parabolic and Elliptic Equations. «I metodi qui usati sono ispirati all’intuizione fisica, ma il rituale della presentazione matematica tende a nascondere questa base naturale». Fenomeni fisici come il moto browniano o il flusso del calore o delle cariche elettriche, continuava Nash, potevano fornire «utili interpretazioni» per quelle sue equazioni. (In quel lavoro – che portava a compimento la soluzione di uno dei celebri problemi enunciati da Hilbert al Congresso dei matematici di Parigi nel 1900 – Nash riconosceva di aver avuto da un collega notizia di un contemporaneo lavoro di Ennio de Giorgi, in cui si dava una soluzione del problema ottenuta in maniera indipendente.) «Spero che anche i nuovi metodi usati in un mio precedente lavoro siano di qualche valore», affermava Nash facendo riferimento all’articolo The imbedding problem for Riemannian manifolds. Raccogliendo la sfida di un collega – «se sei così in gamba, perché non risolvi il problema dell’immersione per le varietà?» – Nash vi risolveva in maniera sorprendente un problema col quale i matematici si erano cimentati invano per decenni. Nel linguaggio dei matematici, “immergere” significa considerare un oggetto geometrico, una superficie, un solido, o più in generale una varietà a n-dimensioni, come un sottoinsieme di uno spazio di dimensioni anche maggiori, che tuttavia conserva fondamentali proprietà geometriche. Una volta i matematici pensavano in maniera più concreta a superfici nell’ordinario spazio euclideo, o nello spazio non euclideo di Lobacevskij, scriveva Nash. Quando, con Riemann, «si è cominciato a privilegiare una concezione più astratta delle varietà, si è presentata in maniera naturale la questione»: è possibile immergere una varietà riemanniana in uno spazio euclideo? Il teorema di Nash stabilisce che qualunque varietà sufficientemente regolare può essere immersa in uno spazio euclideo di dimensioni opportune, in modo tale da conservare la lunghezza di ogni cammino sulla varietà. «I metodi usati possono rivelarsi più fecondi dei risultati. Il tempo dirà quanto si può fare», affermava profetico Nash. Anni dopo, a commento di quel lavoro Mikhail Gromov, anch’egli insignito del premio Abel nel 2009, dirà: «molti di noi hanno grandi abilità nello sviluppo di idee già esistenti. Noi seguiamo strade già tracciate da altri. Ma molti di noi non potrebbero mai fare qualcosa di paragonabile a ciò che ha fatto Nash. È come una folgorazione». Nel giro di un decennio Nash ottenne i suoi risultati più profondi in campi assai diversi tra loro, prima di sparire dall’orizzonte della matematica in preda ai fantasmi della schizofrenia, come sanno i lettori che hanno visto il film A beautiful Mind. Da quei fantasmi si è liberato alla vigilia del conferimento del premio Nobel. Tornare alla vita è una cosa meravigliosa, ha dichiarato allora Nash.