domenica 24 maggio 2015

Il Sole 24.5.15
Intervista al ministro Boschi
Norme attuative sotto quota 300
«I decreti fiscali a giugno Sulla riforma della scuola la fiducia è l’estrema ratio»
Sulle pensioni diamo e non togliamo
Nuovo Senato, Fi può riaprire il confronto
di Fabrizio Forquet

«Siamo sotto i 300, anche l’Ocse si è complimentato». Scusi ministro Boschi? «Mi riferisco ai provvedimenti attuativi, voi del Sole 24 Ore sapete di cosa parlo. Era la vostra ossessione, è diventata la mia. Ma è un’attenzione che bisogna avere, perché se non si fanno i decreti e i regolamenti che danno attuazione alle leggi, le riforme restano lettera morta».
A chi lo dice ministro. Quando abbiamo cominciato il monitoraggio con Rating 24 sui provvedimenti di Monti, tre anni fa, chiamò anche l’ambasciatore tedesco: «Ma allora non è vero che l’Italia sta facendo le riforme»...
Appunto. Quando siamo saliti al governo mancavano 889 provvedimenti per dare attuazione alle riforme di Monti e Letta, ora siamo sotto i 300. La percentuale di attuazione è del 71,5%. È stato un grande lavoro, fatto da noi e da tutti i ministri.
È un po’ una tela di Penelope. Il Sole ha calcolato che solo per le riforme economiche con Renzi si sono riproposti altri 355 provvedimenti attuativi, di cui solo un centinaio adottati…
Noi abbiamo dati un po’ diversi perché prendiamo in considerazione tutta l’attività del Governo. E abbiamo rilevato un tasso di attuazione del 64,3%. Da fine maggio, poi, partirà il sistema Monitor, creato con fondi europei, per consentire ai ministeri di parlarsi per via telematica favorendo un’ulteriore accelerazione. Ma il passo è già cambiato: proprio recentemente abbiamo adottato decreti importanti per dare attuazione alla legge di stabilità: quelli sul bonus bebè e sul tfr, per esempio. Anche sul piano asili nido il decreto è finalmente arrivato, eppoi quelli per le agevolazioni su ricerca e start up.
Sulla delega fiscale ci sono stati molti rinvii, ora sull’abuso di diritto il percorso sembra finalmente sbloccato. Ma la questione della soglia del 3% è rinviata a un prossimo decreto.
Entro giugno arriveranno anche gli ultimi decreti fiscali. Il lavoro sta procedendo con grande efficacia.
E sul Jobs act?
Al primo consiglio di giugno porteremo gli ultimi decreti che mancano. Tempi un po’ più lunghi, ovviamente, per la riforma della Pa, ma qui dobbiamo aspettare l’approvazione della legge in Parlamento. Poi i decreti saranno varati con grande rapidità perché già ci stiamo lavorando.
La riforma della Pa è una delega. Ma non è il caso di interrompere questo circolo vizioso con leggi scritte meglio, che sciolgano subito i nodi, e non implichino così tante norme a valle?
Ovviamente nel caso di una legge delega è normale che ci siano provvedimenti successivi del Governo. Sul tema invece della autoapplicatività delle leggi in generale ha ragione, ma anche su questo stiamo migliorando. Con il nostro governo il 42,3% delle norme sono autoapplicative, prima il livello era sensibilmente più basso. Bisogna tener conto, però, che il Governo su questo non è il solo attore responsabile. Molto conta l’atteggiamento del Parlamento. Spesso sono le Camere che, del tutto legittimamente, introducono nei testi di legge molti provvedimenti attuativi. È quello che è accaduto per esempio con l’ultima legge di stabilità.
Un inedito assoluto di questi giorni è lo scontro tra il governo e la Corte costituzionale. Come ha accolto lei la sentenza della Consulta che ha rischiato di aprire una voragine nei conti pubblici?
Ormai non c’è altro da commentare. La Corte si è pronunciata. Il governo ha fatto il proprio lavoro e, grazie al ministro Padoan, la soluzione è stata individuata. Restituiamo 2,2 miliardi agli italiani.
Qualcuno vi critica perché si tratta di una parte rispetto al provvedimento bocciato che valeva tra 17 e 18 miliardi.
La sentenza della Corte non obbliga a restituire tutto. Si limita ad affermare che le modalità del blocco dell’indicizzazione adottato dal governo Monti non erano legittime. Noi siamo intervenuti subito. E ci sono quasi 4 milioni di pensionati che vedranno arrivare dei soldi. Diamo e non togliamo.
Lei ha seguito direttamente la riforma elettorale, che ormai è legge. Sulla riforma costituzionale, però, dopo le elezioni il confronto al Senato rischia di essere molto difficile.
L’accordo c’è su tutti i punti principali: sull’abolizione del Cnel e delle Province, sulle competenze delle regioni con la riduzione del loro potere legislativo, sul superamento del bicameralismo perfetto con il nuovo Senato. Ci sono alcuni elementi su cui ci può essere un approfondimento e lo faremo. Ma una buona parte della riforma è condivisa.
Sulle modalità di formazione del nuovo Senato l’opposizione interna al Pd resta molto forte. Ci possono essere ripensamenti sull’elezione di secondo grado dei senatori?
Rimandiamo la discussione al Senato, quando affronteremo la questione nel merito. Da parte nostra c’è piena disponibilità a una discussione approfondita. Già nei precedenti passaggi, d’altra parte, sono state fatte modifiche importanti.
C’è chi ipotizza che la mediazione possa passare per le modalità di elezione fissate poi con legge ordinaria.
Lo vedremo nel confronto in Parlamento.
Una cosa è certa, se i dissidenti Pd confermeranno il loro no, i numeri per approvare il nuovo Senato non ci sono. Non siete preoccupati?
Finora abbiamo sempre dimostrato di avere le maggioranze necessarie. Noi stiamo dialogando con la minoranza interna sulla riforma del Senato. Non escludo che si possa trovare un punto di sintesi accettabile da tutti. Non escludo nemmeno che Forza Italia, o una parte di essa, possa riaprire un confronto con noi sulle riforme costituzionali.
Ci sta dando una notizia? Ha segnali in questo senso?
No. Noto solo che i senatori forzisti non solo le hanno già votate, ma hanno anche contribuito a scriverle. Vediamo se dopo il voto ci saranno novità.
Che tempi vi siete dati per l’approvazione della riforma in Senato?
Prima dell’estate. È una seconda lettura ed è un testo che i senatori conoscono. Il nostro obiettivo è arrivare al referendum nel 2016. Questa è una scelta chiara del governo: la parola finale deve spettare ai cittadini.
Così nel 2017 si potrà andare alle elezioni?
Le elezioni saranno nel 2018 alla scadenza naturale della legislatura. E nel 2017 noi avremo il Congresso. Abbiamo fatto riforme importanti, ma c’è tanto ancora da fare: scuola, pubblica amministrazione, giustizia. Se facciamo conto delle riforme realizzate in questo anno c’è da rimanere stupiti. E molto faremo nei prossimi tre anni.
Anche sulla scuola al Senato la minoranza del Pd potrebbe crearvi più di un problema e i tempi sono stretti. Sarà inevitabile mettere la fiducia?
La fiducia è l’estrema ratio. È prematuro parlarne. Certo auspico che il Senato possa fare tutti i suoi approfondimenti in tempi rapidi, perché da questa rapidità dipende poi la possibilità di assumere 100mila insegnanti già quest’anno.
Ma lei si aspettava una reazione così dura sulla riforma?
Non voglio rientrare in una polemica con il mondo della scuola. Il governo ha presentato una riforma molto positiva. A partire dalle assunzioni. Si garantisce la continuità didattica agli studenti e si va incontro a una domanda degli insegnanti. Ma soprattutto è importante che si torni a investire sulla scuola: 3 miliardi in più. Così come credo siano da apprezzare l’autonomia, il merito e il rafforzamento dell’offerta formativa. Come il Sole 24 Ore ha giustamente sottolineato è poi un passo importante il rafforzamento dell’alternanza scuola-lavoro, che permetterà una maggiore vicinanza tra i ragazzi e il mondo dell’impresa.
Non c’è il rischio che la convergenza tra i sindacati e una parte del suo partito determini uno svuotamento della riforma?
Noi siamo disponibili al dialogo e siamo anche pronti a fare alcune modifiche. Lo abbiamo già dimostrato alla Camera. Non c’è alcuna chiusura. Ma non possiamo, proprio per gli studenti e gli insegnanti, fermare tutto, né possiamo svuotare la riforma.
Ancora una volta vi troverete a fare i conti con un’opposizione che viene dall’interno del Pd. In considerazione dei numeri di cui disponete al Senato, non c’è il rischio che questo dissenso si trasformi nel prosieguo della legislatura in un elemento di blocco dell’attività del governo?
Abbiamo dimostrato finora che sappiamo andare avanti superando ogni ostacolo, anche quelli che vengono dal nostro interno. In settimana abbiamo votato gli ecoreati, la legge contro la corruzione e il Pd non ha avuto difficoltà a pronunciarsi in modo compatto. Mi auguro che questo si ripeta sulla scuola e sugli altri provvedimenti in arrivo al Senato. Come Pd abbiamo una grande responsabilità. Dobbiamo guidare il processo di cambiamento e fare le riforme. Nel momento in cui arrivano i primi dati positivi sull’economia, e il Pil torna a crescere, non possiamo mancare alle nostre responsabilità.
Il Pil cresce, ma ancora troppo poco… La Spagna e la Francia fanno molto meglio.
La Francia cresce più di noi, certo. Ma non rispetta il 3% del deficit-Pil. Se noi fossimo oltre il 4% come loro, avremmo quasi 30 miliardi di investimenti in più o di tasse in meno: scommette che anche noi cresceremmo molto più forte? Aggiungo: tutti indicano come modello la Spagna. Qualcuno può notare che ha una disoccupazione che è il doppio della nostra, dico il doppio! Il punto è che dopo undici trimestri torniamo a crescere, la cassa integrazione dimezza le ore, il lavoro diventa più stabile. Poi naturalmente si può fare di più. Ma la realtà è che finalmente siamo tornati al segno più. Non era scontato.
Converrà che finora buona parte della spinta verso la ripresa è venuta da fattori esterni, dall’euro debole al Qe…
Le riforme che il governo Renzi ha messo in campo hanno contribuito a creare un clima positivo in Europa. Il nostro governo ha fatto la sua parte. Abbiamo già parlato delle grandi riforme. Ma anche strettamente sull’economia e sulle imprese bisogna ricordare il taglio dell’Irap e la decontribuzione. Eppoi abbiamo varato misure importanti, come il patent box, il finanziamento della Sabatini, gli incentivi all’internazionalizzazione delle imprese. Va anche dato atto a Federica Guidi di aver fatto tanto sulle crisi aziendali.
Dopo la bocciatura dell’Iva-reverse charge cosa intendete fare ?
La pronuncia sul reverse charge era attesa. Avremmo preferito evitarla ma ce l’aspettavamo e siamo già a lavoro. Per trovare una soluzione c’è tempo fino a luglio. Su questo siamo tranquilli.
Dicono che dopo il voto lei diventerà vicepremier. È vero?
Non è vero. È un’ipotesi che non sta né in cielo né in terra. E comunque non ci sarà alcun rimpasto.