Il Sole 20.5.15
Carcere, la sfida di cambiare il «senso comune»
Il ministro Orlando: sei mesi di confronto su 18 tavoli tematici con giuristi, intellettuali, società civile
di Donatella Stasio
L’obiettivo è ambizioso: riformare l’ordinamento penitenziario, per restituire senso e dignità costituzionale all’esecuzione della pena, attraverso «l’evoluzione del senso comune», quello secondo cui il carcere è l’unico antidoto alla paura e la segregazione la via obbligata per esorcizzarla. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando lancia la sfida all’inaugurazione degli Stati generali dell’esecuzione penale. E spiega il metodo di lavoro, mutuato dalla Francia: sei mesi di ampio e approfondito confronto attorno a 18 “tavoli tematici” (presieduti da nomi noti come Colombo, Ceretti, Bernardini, Patroni Griffi, Zevi, per citarne alcuni, e coordinati da Glauco Giostra), cui parteciperanno operatori, giuristi, intellettuali, società civile. «Non una kermesse ma una grande mobilitazione politica, sociale, culturale» dice nell’affollato teatro del carcere di Milano Bollate, unica realtà italiana interamente impostata sul rispetto dei principi costituzionali (che fra l’altro ha “occupato” 100 dei suoi detenuti all’Expò, a pochi metri dal carcere).
Da lì - da quel penitenziario “modello”, operoso, colorato, pieno di rose, in cui i detenuti si muovono come i “liberi” - è partito ieri il cammino che dovrebbe portare a sottoscrivere una sorta di «patto sociale di civiltà» per costruire un nuovo sistema di pene ma anche un Paese nuovo, auspica Orlando. Risolta l'emergenza sovraffollamento (dalla condanna della Corte di Strasburgo i detenuti sono scesi da 65.701 a 53.310, le misure alternative sono aumentate da 26.797 a 32.721, i detenuti in attesa di giudizio sono passati dal 40 al 17%), restano i problemi di sempre: vita in carcere, architettura carceraria, detenute madri con figli, affettività, lavoro, stranieri, istruzione, salute, giustizia riparativa ecc. Problemi irrisolti a causa di decenni di politiche che hanno oscillato tra «pietismo per la disumanità del carcere e paura inconscia della collettività», ha ricordato il guardasigilli, secondo cui «va ricostruito un principio di razionalità». Anche perché la politica della paura ha portato al risultato «paradossale» che «siamo il paese d’Europa con la recidiva più alta».
Ma per cambiare rotta è fondamentale che cambi il senso degli italiani per il carcere. È la sfida principale degli Stati generali ed è «la prima volta che l’opinione pubblica viene coinvolta su un tema da sempre rimosso eppure tanto significativo per la civiltà di un Paese», osserva il filosofo del diritto Luigi Ferrajoli, apprezzando i toni «antidemagogici» di Orlando e le sue «critiche alla politica della paura».