Il Sole 1.5.15
Il «bunker» di Renzi e le vie d’uscita: le regionali e nuove primarie per legge
di Lina Palmerini
C’è ancora il voto finale di lunedì prima di chiudere la partita sull’Italicum. Ma se anche passerà, il problema per Renzi sarà gestire una vittoria “solitaria”. Nel senso che la legge elettorale era nata da un patto con l’opposizione, il Nazareno, poi quel patto si è rotto e la minoranza interna ha puntato a sostituire Forza Italia cercando nuove mediazioni con il leader Pd. E invece Renzi non ha voluto né ricucire con Berlusconi né con le minoranze e si è affidato a una prova di muscoli, la fiducia, che ha vinto anche ieri. Forse non aveva altra strada e ce l’ha fatta ma adesso è più barricato che mai nel suo bunker, aggrappato allo slogan o me o le urne.
È chiaro che non può andare avanti così nemmeno per un anno, ammesso che punti alle elezioni nel 2016. E che la vittoria deve essere gestita cercando delle alleanze, vecchie o nuove che siano. Questo è il tema reale che giace sotto la vittoria. Aggravato dal fatto che il premier ha l’ostilità di interi apparati dello Stato. In queste condizioni sarà difficile muoversi, decidere, scegliere. È vero che ci sarà il ricatto dell’Italicum ma il Senato rischia di diventare quello che era ai tempi dell’Unione, con un “Turigliatto” sempre in agguato.
La solitudine del suo gruppo è servita ad aprire una breccia per la riforma elettorale, la più contestata, ma adesso si tratta di gestire un tema come quello della disoccupazione - ieri l’Istat la segnalava in crescita – e poi il buco di bilancio di 5 miliardi che si apre con la sentenza della Consulta sulle pensioni e, infine, un’emergenza immigrazione che durerà tutta l’estate. Insomma, un carico di problemi pesanti che è indifferente alla minaccia: o me o le urne.
E allora la vittoria di lunedì - se ci sarà - dovrebbe segnare anche un cambio di strategia. È chiaro che il premier non potrà sfuggire alla prima prova: il voto regionale. Già domenica sarà a Venezia e altre tappe sono in calendario, quindi, c’è da aspettarsi una campagna elettorale a tappeto per non perdere Regioni - come le Marche o la Liguria - che sembrano in bilico. Dunque, il “primum vivere” è confermare una legittimazione popolare senza la quale tutto si complica.
Ma la vera carta che potrebbe mettere sul tavolo per ricucire dentro il suo partito e interloquire con gli altri è proporre un provvedimento sulle primarie regolate per legge. Lo suggerisce saggiamente Arturo Parisi che si preoccupa innanzitutto di non vedere svilito uno strumento che aveva ridato vitalità al centro-sinistra ma che sta perdendo tutta la sua credibilità. In sostanza, le primarie per legge potrebbero essere quel “giorno dopo” l’Italicum: un filo politico con cui ristabilire un clima e disinnescare l’accusa di riportare in Parlamento dei “nominati”. Un ramoscello d’ulivo offerto ai dissidenti e anche alla minoranza disciplinata e un canale aperto verso il day after di Forza Italia, quando e se ci sarà da ricostruire un centro-destra. E sarà una sfida lanciata ai grillini che fanno primarie in rete, senza controlli e con poche preferenze.
Del resto anche l’eventualità di un partito della nazione - se davvero sarà - avrà bisogno di una vitamina giusta: regole condivise sulla selezione dei candidati per non sfociare nel personalismo incontrollato. In sostanza, il suggerimento di Parisi mira al punto critico di Renzi, cioè «governare senza quell’ombra della democratura che alla lunga farà male».