martedì 5 maggio 2015

Il Manifesto 5.5.15
Le parole del profeta di fronte alle porte dell’interpretazione
Vermondo Brugnatelli


Storia dell'Islam. Iraniano, trapiantato in America, Reza Aslan propone una tesi secondo cui i conflitti interni al mondo musulmano ricorderebbero le guerre in corso in Europa durante la riforma protestante
«L’islam può essere oggi usato per costruire una demo­cra­zia vera­mente libe­rale nel Medio Oriente e oltre?» Si può dire che sia que­sto l’interrogativo di fondo del volume di Reza Aslan, Non c’è dio all’infuori di Dio Per­ché non capiamo l’islam (Riz­zoli, pp. 409, euro 20,00). A dispetto del sot­to­ti­tolo ita­liano, il sag­gio non è banal­mente con­ce­pito allo scopo di for­nire un po’ di nozioni sulla reli­gione isla­mica a let­tori ansiosi di «capirne» qual­cosa, dal momento che si è fatta più vicina e minac­ciosa. Nell’accostarsi a que­sto libro, sarà utile tenere pre­sente che è stato scritto una decina d’anni fa, in un con­te­sto diverso da quello odierno, in cui non si era ancora assi­stito né alle «pri­ma­vere arabe» né al sor­gere del «calif­fato» dell’Isis: sarebbe quindi vano cer­carvi «spie­ga­zioni» di quanto è avve­nuto negli ultimi anni e degli eventi dell’attualità.È vero che il lavoro di que­sto stu­dioso ira­niano tra­pian­tato in Ame­rica con­tiene un’eccellente espo­si­zione del dive­nire sto­rico dell’islam e può quindi essere molto utile anche per cono­scere le cause remote di tanti fatti odierni, ma l’obiettivo del libro è diverso e ben più ambi­zioso. Il sot­to­ti­tolo ori­gi­nale inglese «ori­gine, evo­lu­zione e futuro dell’islam» lo descrive in modo sin­te­tico ma effi­cace. Intro­du­cendo la nozione di «futuro» si esce dalle scienze sto­ri­che o socio­lo­gi­che, e si entra nei ter­ri­tori, infidi ma affa­sci­nanti, della futu­ro­lo­gia.
Il libro non si limita, infatti, a descri­vere l’esistente ma pro­pone una chiave di let­tura nuova e incon­sueta della sto­ria, anche se indub­bia­mente ragio­ne­vole e vero­si­mile, sfor­zan­dosi di trat­teg­giare sce­nari futuri che si accor­dino con que­sta visione e di indi­care le pos­si­bili vie da seguire per una «riforma» dell’islam in senso uma­ni­stico e libe­rale. Non a caso, l’opera ha già susci­tato intensi dibat­titi sia in Ame­rica che in Europa e nello stesso mondo islamico.L’esposizione, molto chiara e in genere ben docu­men­tata, è mirata a seguire per quali vie il mes­sag­gio ori­gi­nale dell’islam si è inve­rato nelle forme che oggi cono­sciamo, con un inter­ro­ga­tivo di fondo: se que­sto sia l’aspetto immu­ta­bile e defi­ni­tivo della reli­gione pre­di­cata da Mao­metto o se non sia pos­si­bile pre­ve­dere evo­lu­zioni future che la por­tino a con­vi­vere in modo meno con­flit­tuale con il mondo moderno.
La parte ini­ziale del libro di Aslan riper­corre la nascita dell’islam, dalle con­di­zioni di vita nell’Arabia pre­i­sla­mica, in cui il poli­tei­smo con­vi­veva già con diverse forme di mono­tei­smo, cri­stiano o giu­daico, alle vicende della vita di Mao­metto e dei primi suoi suc­ces­sori. È una descri­zione che in più punti si disco­sta dalla visione tra­di­zio­nale – affer­mata sulle incerte basi delle vite del Pro­feta e della miriade di rac­conti di quanto da lui detto e fatto (hadith) – e che offre una let­tura molto più spi­ri­tuale e meno «ter­rena» della figura dell’Inviato di Dio. Anche quando Mao­metto prese di fatto il potere sulla città di Medina, per la quale pro­mulgò una «Costi­tu­zione», il suo obiet­tivo sarebbe stato non tanto quello di creare le basi di un forte potere tem­po­rale quanto quello di costi­tuire una comu­nità (umma) retta secondo prin­cipi di ugua­glianza e giu­sti­zia (secondo le parole di Aslan «un espe­ri­mento unico di orga­niz­za­zione sociale»), in con­trap­po­si­zione alle palesi ingiu­sti­zie su cui si basava la pro­spe­rità della classe diri­gente della Mecca. Addi­rit­tura, agli inizi le rive­la­zioni mostre­reb­bero l’esigenza più di una «riforma sociale» che di una nuova reli­gione. Solo dopo tre anni di pre­di­ca­zione si sarebbe mani­fe­stata con chia­rezza la nascita di un rigo­roso mono­tei­smo rias­sunto nella frase «Non c’è dio all’infuori di Dio».Il senso ori­gi­nale dell’ «espe­ri­mento» di Mao­metto sarebbe stato poi pro­gres­si­va­mente dimen­ti­cato dai suoi suc­ces­sori, i «califfi», che rive­sti­vano una carica isti­tuita in modo fret­to­loso e improv­vi­sato subito dopo la morte inat­tesa del Pro­feta. Non potendo ovvia­mente con­di­vi­dere con Mao­metto il dono della pro­fe­zia e del con­tatto diretto con la divi­nità, i califfi assun­sero la guida della neo­nata comu­nità solo per quanto con­cerne gli aspetti seco­lari (il che col tempo si tra­sformò nella gestione di un potere impe­riale ad opera di una dina­stia), men­tre l’ultima parola per quanto riguarda l’interpretazione della parola rive­lata venne lasciata ai «dotti» (ulema), alla cui opera, pro­tratta nel tempo, si deve l’elaborazione e la fis­sa­zione delle norme reli­giose quali oggi le conosciamo.Nei primi tempi le indi­ca­zioni degli ulema erano ela­sti­che, allo scopo di adat­tarsi di volta in volta al mutare delle cir­co­stanze, ma dopo alcuni secoli que­sta casta si richiuse su sé stessa e, decre­tando che «le porte dell’interpretazione erano ormai chiuse», irri­gi­di­rono il cor­pus di leggi così ela­bo­rato dichia­ran­dolo sacro e immu­ta­bile (sha­ria). Ma in pro­po­sito Aslan sot­to­li­nea quanto sia «irra­gio­ne­vole con­si­de­rare quello che è pale­se­mente il risul­tato di un lavoro umano come l’infallibile, inal­te­ra­bile, infles­si­bile e vin­co­lante legge sacra di Dio».
Esa­mi­nando sotto il pro­filo sto­rico tanti aspetti dell’islam oggi rite­nuti «pro­ble­ma­tici», Aslan mostra quanto essi fos­sero estra­nei al mes­sag­gio ori­gi­nale di que­sta reli­gione, la cui essenza era un ideale di giu­sti­zia e ugua­glianza. Le norme che discri­mi­nano le donne risa­li­reb­bero in realtà alla miso­gi­nia di ‘Umar e dei tanti ulema maschi che die­dero alla reli­gione la forma che noi oggi cono­sciamo, men­tre la con­ce­zione detta «clas­sica» del jihad come guerra non solo difen­siva sarebbe stata for­mu­lata solo ai tempi delle cro­ciate e ripro­po­sta all’epoca della lotta anticoloniale.
Solo negli ultimi capi­toli Reza Aslan espli­cita il suo pen­siero, affer­mando come sia pos­si­bile e auspi­ca­bile la nascita di «uno Stato isla­mico votato al plu­ra­li­smo, al libe­ra­li­smo e ai diritti umani, ma fon­dato al con­tempo su una cor­nice morale di chiara matrice isla­mica». Per quanto diver­gente da quella «tra­di­zio­na­li­sta», que­sta posi­zione – in assenza di un’autorità isti­tu­zio­nale che decreti ciò che è orto­dosso e ciò che non lo è – va con­si­de­rata pie­na­mente legit­tima. Solo il Pro­feta avrebbe potuto con­te­starla, ma dopo di lui nem­meno i califfi si arro­ga­rono mai que­sta prerogativa.
Dif­fi­cile dire fin d’ora quanto della visione rifor­ma­trice di Aslan possa effet­ti­va­mente rea­liz­zarsi in un pros­simo futuro. Da una parte, l’avvento delle «pri­ma­vere» del 2011, tutto som­mato inim­ma­gi­na­bili all’epoca in cui il libro venne scritto, ha con­fer­mato l’intuizione, riba­dita più volte nel corso dell’opera, secondo cui anche nel mondo isla­mico la mag­gior parte della popo­la­zione aspi­re­rebbe alla libertà e alla demo­cra­zia, che sarà tanto più auten­tica quanto più nascerà «dall’interno» e non da ten­ta­tivi più o meno mal­de­stri di «espor­tarla» pre­con­fe­zio­nata. D’altra parte, le suc­ces­sive evo­lu­zioni in senso vio­lento e la nascita del «calif­fato» dell’Isis fanno capire quanto il cam­mino verso una «riforma libe­rale» dell’islam sia dif­fi­cile, lungo e osta­co­lato non solo dall’ideologia degli ulema ma anche dagli inte­ressi geo­po­li­tici di molte potenze regio­nali dalle smi­su­rate risorse finanziarie.
È pos­si­bile con­si­de­rare le lotte in corso, «un con­flitto interno fra musul­mani, non una guerra esterna fra l’islam e l’Occidente», alla stre­gua delle guerre che dila­nia­rono l’Europa ai tempi della riforma pro­te­stante? È quanto Aslan crede sia in atto, con la casta tra­di­zio­na­li­sta degli ulema che, come a suo tempo la chiesa di Roma, cerca di difen­dere con ogni mezzo il pro­prio mono­po­lio della inter­pre­ta­zione dot­tri­nale. Se al tempo di Lutero la stampa con­tri­buì a dif­fon­dere la let­tura per­so­nale delle sacre scrit­ture, oggi l’avvento di inter­net for­ni­sce a ogni musul­mano la chiave per acce­dere, senza la media­zione di imam e mul­lah, all’essenza del mes­sag­gio di Mao­metto, allo spi­rito della comu­nità di Medina. Il para­gone è azzar­dato ma accat­ti­vante. Se sia una pro­spet­tiva rea­li­stica solo il tempo lo dirà