martedì 26 maggio 2015

il Fatto 26.5.15
Ora fanno tutti i Podemos. Ma da noi la sinistra non c’è
La vittoria delle coalizioni sociali e il parallelo impossibile
Il 6 e 7 giugno Landini inaugura la sua Coalizione. Civati cerca un gruppo, Fassina strizza l’occhio alla Cgil. E anche Zingaretti si pre
Giuseppe Civati, Nichi Vendola, Paolo Ferrero, Stefano Fassina, Sergio Cofferati e altri
di Salvatore Cannavò


Giocando con le parole si potrebbe dire: in Spagna Podemos, in Italia “podevamos”. Tante sono le liti della sinistra italiana e i detriti malmostosi di una sconfitta rovinosa, da far pensare che l’occasione sia già passata. E tante le facce già viste contro la freschezza e la novità del fenomeno spagnolo.
Quel che è più vero, però, è che lo spazio politico che in Spagna ha saputo occupare il partito di Pablo Iglesias, in Italia è presidiato da tempo dal Movimento 5 Stelle. La pensano così politologi come Piero Ignazi o Alessandro Campi. E la pensa così, soprattutto, Gianrober to Casaleggio che non ieri ha diramato l’indicazione ai suoi di non commentare il risultato spagnolo. Il M5S non ha nessuna intenzione di farsi trascinare su questo terreno perché non ha nessuna intenzione di dialogare con le varie parti della sinistra che guardano con ansia a Podemos.
CHI HA CHIARO questo aspetto, ad esempio, è un osservatore attento come Paolo Flores d’Arcais, tra i promotori iniziali della lista Tsipras, abbandonata proprio per il suo arroccamento nell’angusto spazio dell’ex sinistra radicale. Il direttore di MicroMega ha fatto ieri il suo appello al voto per le Regionali del 31 maggio contro la “deriva di berlusconismo senza Berlusconi rappresentata dal governo Renzi”. D’Arcais indica solo due nomi: Felice Casson a Venezia e la candidata M5S, Alice Salvatori, in Liguria, perché “Pastorino è totalmente fuori gioco, come Toti del resto, il fotofinish è tutto tra Paita e Alice Salvatore”.
Eppure, attorno al risultato di Pastorino si giocano molte delle chance per quella “Podemos all’italiana” a cui guardano in molti. Un risultato a due cifre, magari attorno al 15%, magari in grado di far perdere Raffaella Paita, significherebbe per Giuseppe Civati, Nichi Vendola, Paolo Ferrero, Stefano Fassina, Sergio Cofferati e altri, trovare spazio anche a livello nazionale.
La strada, però, non è semplice e le divisioni, le sfumature, sono sempre in agguato.
Anche nella stessa Liguria, dove accanto a Pastorino c’è l’Altra Liguria di Antonio Bruno, sostenuta da don Paolo Farinella, polemica contro le manovre che hanno portato alla candidatura dell’ex sindaco di Bogliasco. Pippo Civati, intanto, uscito dal Pd pochi giorni fa, sta cercando di formare un gruppo parlamentare autonomo al Senato senza però dover passare necessariamente per i senatori di Sel che, a Palazzo Madama, conta su sette parlamentari. Quest’ultima, a sua volta, vuole dimostrare di essere decisiva e così, il gruppo ancora non nasce.
IL RISCHIO CHE ANCHE in questo campo ci si paralizzi per la ricerca della leadership è alto. Anche perché i soggetti sono più di due. Stefano Fassina è atteso fra poco come nuovo compagno di strada. La sua uscita dal Pd dopo le Regionali, anzi dopo l’approvazione del ddl sulla scuola, è cosa fatta. Insieme a qualche altro parlamentare terrà un’assemblea nazionale per decidere di mettersi a disposizione di “nuovi percorsi”. La dote principale che porta con sé Fassina non è una fetta consistente del Pd – anche se a livello locale le simpatie non mancano –, ma un rapporto privilegiato con la Cgil. Le mosse future dell’economista sono calibrate con Susanna Camusso che ormai guarda con interesse a possibili novità a sinistra del Pd. C’è chi spera anche che nomi come quello del presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, sempre più stretto nel partito renziano, possa decidersi a un passo. Zingaretti ha già pronto nome e logo di un’associazione culturale che dovrebbe varare in estate.
Se nel possibile soggetto unitario di una sinistra che guarda a Podemos ci sarà anche una fetta consistente della lista Tsipras – a partire da Marco Revelli – critiche e diffidenze sono invece arrivate dall’europarlamentare Barbara Spinelli che nell’uscita da quel progetto ha sottolineato anche l’incapacità di parlare con il M5S.
Poi c’è la “coalizione sociale” di Maurizio Landini che si pone “fuori dai partiti” ma a cui piace Podemos. Il debutto del progettositerràaRomail6e7giugno e il percorso immaginato da Landini guarda soprattutto alla “maggioranza che non vota” e alla capacità di tessere alleanze soprattutto a livello territoriale.
“Basterebbe indicare un perimetro comune”, spiega il responsabile organizzativo di Sel, Massimiliano Smeriglio, “in cui mettere a validazione democratica le varie opzioni”. Ma non è detto, però, che le varie opzioni vogliano o possano stare nello stesso perimetro.