martedì 12 maggio 2015

il Fatto 12.5.15
Da Verdini jr. a Scajola a Sposetti: è Cosa Loro
di Antonio Padellaro


In fondo, tra i tanti delitti della mafia siciliana c’è anche quello di essersi appropriato di un marchio, Cosa Nostra, sottraendolo a un uso per così dire collettivo: l’abuso permanente e sfacciato di beni e soldi pubblici da parte dei politici italiani e loro consanguinei. Prendiamo il giovane Tommaso Verdini, rampollo del celebre Denis papavero di Forza Italia, che
non pago di avere lasciato la sua Mercedes in divieto di sosta in piazza Strozzi, a Firenze, con l’aiuto di un’allegra combriccola di amichetti ha forzato le ganasce apposte dai vigili urbani e se l’è portate a casa come
souvenir. Saranno cosa nostra, avrà pensato memore forse di quanto appreso nel paterno ostello. Più grandicello,
l’ex ministro Claudio Scajola usava (e non a sua insaputa) la scorta per acquistare le calze alla moglie del latitante Matacena di cui si era invaghito. Agenti che paghiamo noi, ma lui avrà sicuramente pensato che fossero cosa sua. E che dire del senatore pd (ed ex tesoriere ds) Ugo Sposetti, effigiato domenica sera a Repor t dove si vantava orgoglioso di avere scaricato sullo Stato una novantina
di milioni di vecchi debiti dell’Unità, per non intaccare neppure un mattone del gigantesco patrimonio immobiliare del partito. In questo caso, a essere cosa nostra è la solenne fregatura a opera di chi si considera legibus solutus, al di sopra delle leggi per diritto divino. Salvo poi che un vigile o un poliziotto non stanno al gioco e la sputtanata diventa cosa loro.