Corriere La Lettura 31.5.15
il Comunista Usa che rigettò Stalin l’Antisemita
di Daria Gordinsky
Ha militato nel Partito comunista americano (CpUsa) dal 1943 al 1956, pagandone il prezzo al maccartismo: tre mesi di carcere e l’ostracismo degli editori, compreso chi aveva fatto soldi con quello scrittore che a 25 anni vendeva un milione di copie. Ma nella sua vita (1914-2003) Howard Fast è stato anche autore di un’epopea in 6 volumi che è l’inno del self made man , del leggendario capitalismo uncle Sam dove l’ascensore che porta alle classi sociali alte è a disposizione di chiunque abbia volontà, talento, costanza. Il vento di San Francisco (tradotto da Augusta Mattioli e appena pubblicato da e/o, che ha acquistato i diritti anche per il secondo titolo della saga) racconta infatti l’ascesa di Danny Lavette — figlio di immigrati in Usa nel 1888 — da giovanissimo pescatore reso orfano dal terremoto del 1906, a potente miliardario. E, a dimostrare che il sogno americano è a portata davvero di tutti, alla sua storia si intrecciano quella dell’amico e socio Mark Levy e quella dell’amante cinese May Ling. La voglia di emergere di Lavette e degli altri protagonisti supera la Grande guerra, il proibizionismo, e va a fare da propellente allo sviluppo industriale e culturale del Paese. Del resto, anche l’autore nasce da immigrati ebrei ucraini (Fastovsky) e, poco più che bambino, lavora come strillone per aiutare a sfamare i fratelli minori. Fast ricorderà sempre la durezza di quell’epoca; anche quando, negli anni Settanta, è ormai celebrato dal «New York Times» e carico di riconoscimenti, compreso un Emmy. Nelle sue oltre 80 opere di vario genere il tema dell’ingiustizia e dell’oppressione è quasi sempre centrale. Esempio? Il celebre Spartacus (1952), diventato poi anche un film indimenticabile con Kirk Douglas diretto da Kubrick. Howard Fast non dimenticherà mai nemmeno le sue radici: tanti i titoli dedicati a vicende e personaggi del mondo ebraico. Ed è proprio l’antigiudaismo comunista ad allontanarlo, a un certo punto, dall’ideologia di chi lo onorava con il Premio Stalin per la Pace. Lo strappo definitivo si compie con la verifica delle notizie sugli arresti di massa e le esecuzioni, in Urss, di intellettuali e professionisti ebrei. Sono le purghe staliniane, carneficina antisemita che il dittatore tentava di giustificare definendola azione antisionista . Già, fu Stalin a inventare quella finta distinzione fra i due termini. Sì: la stessa che ancora oggi alcuni usano per mascherarsi la coscienza alterata.