domenica 3 maggio 2015

Corriere La Lettura 3.5.15
La vocazione imperiale della Russia
di Dino Messina


La difesa dell’identità nazionale ucraina dall’ingombrante vicino russo, assieme ai sentimenti democratici e all’attrazione per il modello di vita occidentale, è alla base della rivolta di Maidan, che ha portato alla destituzione del satrapo Viktor Janukovych. L’ostilità a Mosca di Kiev ha radici secolari, ma forse il ricordo più doloroso è l’Holodomor, lo sterminio per fame causato dalla collettivizzazione agraria forzata imposta da Stalin, che costò la vita tra il 1932 e il 1933 a milioni di ucraini. Non c’è da meravigliarsi quindi se nel secondo conflitto mondiale, come scrive Eugenio Di Rienzo nel saggio Il conflitto russo-ucraino. Geopolitica del nuovo dis(ordine) mondiale (Rubbettino, pp. 105, e 10) «i contingenti germanici, la cui avanzata era stata facilitata da reparti irregolari di volontari ucraini, furono accolti come liberatori a Kiev». E i nazionalisti ucraini ebbero una parte attiva nel sostenere i nazisti, anche nella persecuzione degli ebrei. La parabola di Stepan Bandera rimane una pagina non certo limpida nella storia di quel popolo. Le vicende storiche sono tuttavia solo la premessa di un ragionamento geopolitico, con cui Di Rienzo cerca di dimostrare (anche sulla base di una letteratura che in Occidente ha il suo capofila nell’ex segretario di Stato Usa Henry Kissinger) quanto dietro il conflitto che oppone Russia e Ucraina si nasconda l’errata pretesa di ridimensionare una grande nazione, che ha sempre avuto ambizioni imperiali, al rango di piccola potenza regionale. Secondo Di Rienzo la politica di Obama e le sanzioni imposte a Mosca, oltre che autolesioniste per il composito e riluttante fronte europeo, sono controproducenti. Vladimir Putin non rinuncerà mai all’idea della Russia come potenza euroasiatica. In questo senso sono da leggere gli accordi commerciali, soprattutto energetici, con la Cina e la politica di alleanze con India, Brasile, Turchia e alcuni Paesi del Medio Oriente. Gli sviluppi della vicenda ucraina, per Di Rienzo, dimostrano che la «fine della storia» predicata da Fukuyama, con gli Stati Uniti unico gendarme del mondo, è un’illusione da cui faremmo bene a svegliarci presto .