domenica 3 maggio 2015


Corriere 3.5.15
L’Italicum verso l’atto finale. Ultimo arrocco del fronte del no
di Dino Martirano


ROMA In vista del voto finale sull’«Italicum» previsto per domani sera, i capigruppo dell’opposizione (FI, M5S, Sel, FdI, Lega) ora provano a concordare una linea comune sull’ultimo atto della legge elettorale. Forza Italia è molto tentata dall’«Aventino» per «isolare chi approverà l’Italicum». Tuttavia, la componente che fa capo a Denis Verdini è contraria alla «ritirata dall’Aula». E per motivi opposti Sel, come conferma il capogruppo Arturo Scotto, vuole «metterci la faccia e usare ogni mezzo regolamentare contro questa legge imposta da Renzi a colpi di fiducia».
Sulla richiesta di voto segreto, poi, rimane l’incognita dei grillini. Se veramente il capogruppo Renato Brunetta (FI) accetterà di far partecipare i suoi a una voto palese, cosa farà il M5S? Si accoderà o autorizzerà 30 dei suoi a chiedere lo scrutinio segreto? Sul referendum abrogativo, poi, i tempi si prefigurano lunghi: «Il referendum non ci spaventa», annuncia il ministro Boschi.
La minoranza del Pd non chiederà il voto segreto e comunque opterà per la trasparenza dell’astensione che viene sempre registrata nominalmente sui tabulati. Resta da vedere, tuttavia, quanti saranno i dem che si uniranno ai «38 dissidenti»: al voto finale, sarebbero in arrivo altri 20 voti non favorevoli all’«Italicum» tra i 50 di «area riformista» che mercoledì e giovedì hanno accordato la fiducia la governo.
Se questo è il quadro, il presidente del Consiglio mostra prudenza: «Ancora non è finita, fino a che non si chiuderà aspettiamo a fare un bilancio». Eppure Matteo Renzi — che oggi sarà a Marghera per Felice Casson, poi vicino Modena e alla chiusura della Festa dell’Unità di Bologna, dove la Questura ha predisposto imponenti misure di sicurezza — è più che soddisfatto per il risultato politico: «Se le cose andranno come spero abbiamo girato una pagina di rilevanza pazzesca per il nostro Paese. L’Italicum è lo spartiacque con l’inconcludenza del passato». Ma lo strappo all’interno del Pd non si rimargina. E il lettiano Marco Meloni polemizza: «Incomprensibile l’entusiasmo di Renzi, Berlusconi approvò il Porcellum e ora il Porcellinum è quasi uguale».
Al Senato, la minoranza del Pd si prepara a una rivincita sulla riforma costituzionale. Per questo il governo ha deciso di congelare per un altro mese il ddl Renzi-Boschi in Commissione: «Se ne parlerà dopo le elezioni regionali anche perché ormai mancano poche settimane», conferma il capogruppo Luigi Zanda (Pd). L’esito elettorale, inoltre, servirà a Renzi ad avere un quadro aggiornato dei rapporti di forza con Berlusconi e con la parte di FI più sensibile al patto del Nazareno». In terza lettura, la riforma deve ottenere 161 voti e adesso, con 20 senatori dem critici sul testo, senza FI la tenuta del governo è a rischio, visto che il Def ha avuto 164 voti grazie all’aiuto di Sandro Bondi e di Manuela Repetti (ex FI).
Sul «Lodo Cheli» — ovvero la possibilità di emendare in terza lettura anche l’articolo 2 della riforma (composizione ed elezione del Senato) già approvato in doppia conforme tranne che per una preposizione — Zanda (Pd) apre: «La linea di Cheli è condivisibile. È un problema di interpretazione. Il presidente Grasso può assumersi la responsabilità della decisione o condividerla con la giunta del regolamento».