venerdì 29 maggio 2015

Corriere 29.5.15
La reputazione delle Regioni rischia di pesare sull’affluenza
di Massimo Franco


Il caso del candidato del Partito democratico in Campania si avvia ad un epilogo convulso e avvelenato. Ognuno tiene le sue posizioni, sebbene la Corte di Cassazione abbia confermato un’interpretazione della legge che prevede la sospensione dal mandato di Vincenzo De Luca anche se domenica fosse eletto; e Raffaele Cantone, commissario Anticorruzione, affidi a Matteo Renzi qualunque decisione in proposito, ribadendo che la legge gli sembra piuttosto chiara. Ma più del pasticcio campano che i partiti finiscono per consegnare all’elettorato, colpiscono le previsioni fosche sulla partecipazione al voto di domenica.
L’analisi del Censis sulla caduta della reputazione delle Regioni è impietosa. «Mai così bassa», constata il Centro studi di Giuseppe De Rita, ricordando che negli ultimi cinque anni le percentuali dei votanti sono calate del 17 per cento: dall’81 al 64; e lasciando aperta l’incognita sull’affluenza, che si teme più scarsa, fra due giorni. Se a questo si aggiunge una riforma del Senato che prevede, quando sarà approvata, l’innesto soprattutto di consiglieri regionali al posto degli eletti, emerge uno scenario paradossale.
Alle divisioni dei partiti e all’esplosione delle maggioranze rischia di aggiungersi un conflitto con la magistratura: candidati che in nome del voto popolare ritengono automaticamente di avere il diritto di governare, con o senza i limiti imposti dalla legge. È un incanaglimento delle polemiche che fa dire al ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi: «Sicuramente non aiutano i cittadini a sentirsi più vicini alla politica». Non li aiuta nemmeno il cammeo inguardabile offerto ieri a Roma da un consigliere del Pd e uno di Sel che si sono picchiati in aula.
Stanno emergendo tutti gli inconvenienti di leggi approvate in fasi diverse; e la tentazione di affidare a organismi politici come la commissione Antimafia il responso sul profilo morale dei candidati: tanto più a pochi giorni dal voto. C’è una parte di vero nella tesi del ministro Boschi, secondo la quale chi si contrappone a De Luca tenta di portare l’attenzione su un piano diverso dai problemi concreti. Tuttavia, è difficile liquidare come strumentali le critiche del centrodestra a De Luca, convinto di governare ma destinato a non poterlo fare anche se dovesse davvero vincere.
A meno che il Parlamento non cambi in corsa la legge Severino. L’eventualità è stata fatta balenare a intermittenza dai vertici del Pd, ma è una soluzione a dir poco controversa. Il risultato è un senso di incertezza, che oscura il resto della campagna elettorale. E fa passare in secondo piano la competizione nelle sette regioni e le previsioni di una prevalenza delle forze di governo. Anche perché sullo sfondo rimane la sfida di Beppe Grillo, convinto che dal caos e dalle contraddizioni dei partiti il Movimento 5 stelle abbia tutto da guadagnare.